“Tar”, l’itinerario poetico di C.K. Williams tra noia e déjà vu

Tar (id, Usa, 2012) di Edna Luise Biesold, Sarah-Violet Bliss, Gabrielle Demeestere, Alexis Gambis, Shruti Ganguly, Brooke Goldfinch, Shripriya Mahesh, Pamela Romanowsky, Bruce Thierry Cheung, Tine Thomasen, Virginia Urreiztieta, Omar Zúñiga Hidalgo con James Franco, Mila Kunis, Henry Hopper, Jessica Chastain, Zach Braff, Bruce Campbell.

Sceneggiatura di Edna Luise Biesold, Sarah-Violet Bliss, Gabrielle Demeestere, Alexis Gambis, Shruti Ganguly, Brooke Goldfinch, Shripriya Mahesh, Pamela Romanowsky, Bruce Thierry Cheung, Tine Thomasen, Virginia Urreiztieta, Omar Zúñiga Hidalgo, tratto dall’omonima raccolta del poeta americano C.K. Williams

Drammatico, 1h 20’

Festival Internazionale del Film di Roma 2012, CineMaXXI

Voto: 4 su 10

Ricordi di una vita a cui aggrapparsi per sopravvivere al presente, il ritorno a un passato ripercorso, tappa dopo tappa, per poterne conservare una preziosa memoria, un viaggio nel tempo per ritrovare sé stessi, i propri affetti, le proprie paure: dodici registi, quasi tutti esordienti, cercano di tradurre in immagini il flusso di coscienza della poesia di C.K. Williams, Premio Pulitzer nel 2000, montando una serie di situazioni topiche della vita del poeta; ma il territorio della trasposizione (se può avere un senso considerare tale questo prodotto) è assai contorto e il film ne resta smarrito.

Partendo dal testo, letto direttamente dall’autore, la narrazione procede tra continue divagazioni durante infanzia, adolescenza, primi istinti sessuali e misteriosi presagi di morte, fino alla dimensione familiare e casalinga, vissuta però con inspiegabile malessere; il Williams ragazzo (Hopper) in conflitto con l’ambiente circostante, servirà al Williams adulto (Franco) per riuscire a interpretare il disagio con la moglie (Kunis) e con una realtà rumorosa e meccanica.

L’itinerario visivo su cui il film si poggia è notevole, così come lascia singolarmente stupiti come una regia tanto affollata abbia potuto portare a termine un risultato che non pecca di organicità, almeno in termini stilistici.

Infatti, la frammentarietà con cui viene raccontato il viaggio intimo di Williams impedisce, oltre che un trasporto emotivo efficace, anche la realizzazione di una dimensione poetica indispensabile a comprenderne il significato.

Inoltre, tali e tante suggestioni, per come vengono portate in scena, non possono non riportare la mente a canoni già ampiamente sfruttati dal cinema degli ultimi anni, in special modo da Terrence Malick, verso cui Tar mostra un’autentica dipendenza; addirittura, nel ruolo della madre del protagonista, ritroviamo la leggiadra Jessica Chastain che, inevitabilmente, porta a un parallelo immediato con The tree of life, dove interpretava la medesima parte con le medesime caratteristiche.

Il film resta così sospeso tra il mistico e l’onirico, tra la grazia e il fastidio, in uno sfiancante girovagare della mente di cui sfuggono, francamente, l’urgenza e l’utilità; cose che avrà senza dubbio riscontrato James Franco, realmente coinvolto nel progetto tanto da produrlo personalmente, confermandosi tra i pochi outsider nella Hollywood contemporanea.

Giuseppe D’Errico

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