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“Midsommar – Il villaggio dei dannati”, un film di Ari Aster, la recensione

Midsommar – Il villaggio dei dannati (Midsommar, Usa, 2019) di Ari Aster con Florence Pugh, Jack Reynor, Will Poulter, William Jackson Harper, Vilhelm Blomgren, Julia Ragnarsson, Anna Åström, Archie Madekwe, Ellora Torchia

Sceneggiatura di Ari Aster

Horror, 2h 27’, Eagle Pictures, in uscita il 25 luglio 2019

Voto: 6 su 10

Bisogna riconoscere ad Ari Aster un gran senso del disagio. C’è un particolare di Midsommar (ignoriamo volutamente il sottotitolo appioppato dalla distribuzione italiana), un’intuizione visiva, che persiste lungo tutta una fastidiosissima e disorientante sequenza che segue a una forsennata competizione di danza: un fiore in una ghirlanda, ansimante, boccheggiante, che apre e chiude la sua corolla rivelando un abisso nero al suo interno, distoglie il nostro sguardo dalla protagonista, appena incoronata “regina di maggio” e agghindata come una santa in processione, per ossessionarci col suo angoscioso moto perpetuo. Dettaglio tra i dettagli, sempre più perturbanti, in un’atmosfera generale di temibile minaccia, che fanno dell’opera seconda del regista di Hereditary uno dei film più sgradevoli e opprimenti dell’anno. Un risultato a suo modo notevole, ma ciò non implica che Midsommar sia anche un film riuscito.

RomaFF11 – Selezione Ufficiale: “The Secret Scripture”, un film di Jim Sheridan

The Secret Scripture (id, Irlanda, 2016) di Jim Sheridan con Rooney Mara, Vanessa Redgrave, Eric Bana, Jack Reynor, Theo James, Aidan Turner, Susan Lynch

Sceneggiatura di Johnny Ferguson e Jim Sheridan dal romanzo omonimo di Barry Sebastian (ed. Bompiani)

Drammatico, 1h 48’, Lucky Red

Voto: 6½ su 10

Il nome di Jim Sheridan sarà per sempre accomunato ai due suoi film più celebri ed emozionanti, Il mio piede sinistro e Nel nome del padre, entrambi interpretati straordinariamente da Daniel Day Lewis. Da un po’ di tempo, infatti, il regista irlandese languiva assai, specie dopo il disastro produttivo del rinnegato Dream House del 2012. La proposta di dirigere un adattamento del best seller di Barry Sebastian (edito in Italia da Bompiani col titolo Il segreto), quindi, deve essergli giunta gradita, nonostante il progetto fosse già passato tra altre mani e con differenti proposte di cast.

RomaFF11 – Selezione Ufficiale/Alice nella città: “Sing Street”, un film di John Carney

Sing Street (id, Irlanda, 2016) di John Carney con Ferdia Walsh-Peelo, Lucy Boynton, Jack Reynor, Maria Doyle Kennedy, Aidan Gillen, Lydia McGuinness, Peter Campion, Don Wycherley, Mark McKenna

Sceneggiatura di John Carney

Commedia, 1h 45’, Bim, in uscita il 9 novembre 2016

Voto: 8 su 10

John Carney è noto per essere uno dei registi contemporanei che meglio riescono a utilizzare la musica, o meglio, le canzoni al cinema in maniera narrativamente pertinente, senza per questo realizzare mai dei musical a tutti gli effetti. Successe col suo film più celebre contro ogni pronostico, il piccolo gioiello indipendente Once, che vinse anche l’Oscar per la migliore canzone, così come col più recente Tutto può cambiare, dove riuscì a coinvolgere anche la popstar Adam Levine. In Sing Street, l’intimismo delle opere precedenti lascia il posto a un affresco d’epoca irlandese dove si fa prepotente il concetto di affermazione della propria personalità, in un ambiente dove l’essere difforme dalla massa è sinonimo di debolezza e, in definitiva, di omosessualità (anche se sarebbe più consono un termine spregiativo che inizia con la F).

“Macbeth”, trasposizione cruenta ma scontata, manca la motivazione

Macbeth (id, Francia/GB, 2015) di Justin Kurzel con Michael Fassbender, Marion Cotillard, Paddy Considine, David Thewlis, Sean Harris, Jack Reynor, Elizabeth Debicki

Sceneggiatura di Jacob Koskoff, Todd Louiso, Michael Lesslie dal “Macbeth” di William Shakespeare

Drammatico, 1h 53′, Videa, in uscita il 5 dicembre 2016

Voto: 5 su 10

Che scupío quest’ennesimo Macbeth tratto da Shakespeare, presentato in concorso a Cannes, dove non ha mancato di suscitare dibattito. Ha ancora senso, oggi, una trasposizione dal Bardo? La risposta è ovviamente sì, perché nulla è in grado di sollevare dilemmi morali ancora modernissimi e interrogativi sull’oscurità della natura umana quanto un testo shakespeariano. Ma, soprattutto se la storia è ormai nota, diventa oltremodo indispensabile trovare una chiave di lettura originale, capace di giustificarne una nuova proposta.