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“Femininum Maskulinum”, uno spettacolo di Giancarlo Sepe, la recensione

FEMININUM MASKULINUM

uno spettacolo di Giancarlo Sepe

con Sonia Bertin, Alberto Brichetto, Lorenzo Cencetti, Chiara Felici, Alessia Filiberti, Ariela La Stella, Aurelio Mandraffino, Giovanni Pio Antonio Marra, Riccardo Pieretti, Alessandro Sciacca, Federica Stefanelli e con la partecipazione di Pino Tufillaro

musiche Davide Mastrogiovanni | Harmonia Team

scene Carlo De Marino, costumi Lucia Mariani, disegno luci Javier Delle Monache, assistente costumista Isabella Melloni, scene realizzate dal Laboratorio di Scenografia del Teatro della Pergola, macchinisti realizzatori Duccio Bonechi, Cristiano Caria, Francesco Pangaro, Filippo Papucci, foto Manuela Giusto

produzione Teatro della Toscana

In scena al Teatro la Comunità di Roma, dal 3 al 21 aprile 2024

Voto: 7 su 10

“Sarebbe bello essere sé stessi e rimanere in un posto qualunque senza agguati o soprusi da sopportare”. Sono le parole con cui Giancarlo Sepe chiosa le note di regia del suo ultimo spettacolo, quasi a sugellare un pensiero tanto condivisibile quanto, purtroppo, non scontato. È forse questa la riflessione più amara e tragica di Femininum Maskulinum, che sottende a un parallelismo tra una realtà presente retriva e discriminante, e un passato storico fatto di angoscia e sogni di identità infranti, con cui, attualità alla mano, non si è ancora riusciti a fare i conti.

“Il Gabbiano (à ma mère)” da Anton Čechov, adattamento e regia di Giancarlo Sepe, la recensione

Teatro Diana, Rama 2000 presentano
Massimo Ranieri in
IL GABBIANO (À MA MÈRE)
da Anton Čechov
adattamento e regia Giancarlo Sepe
con Caterina Vertova, Pino Tufillaro, Federica Stefanelli, Martina Grilli, Francesco Jacopo Provenzano
musiche Harmonia Team
disegno luci Maurizio Fabretti
scene e costumi Uberto Bertacca

In scena al Teatro Quirino di Roma fino al 31 marzo

Voto: 5 su 10

Sepe che dirige Ranieri da Čechov: c’era di chè far tremare il cielo, eppure l’incontro tra un grande sperimentatore del linguaggio teatrale e l’immenso interprete napoletano, su un testo della più nobile tradizione europea, si è risolto in uno strano ibrido, che ha alternato momenti suggestivi ad altri francamente grotteschi, in un’atmosfera generale di delirio collettivo, sottolineata dalla recitazione – si pensa – volutamente sopra le righe degli attori.