
Storia d’inverno (Winter’s Tale, Usa, 2014) di Akiva Goldsman, con Colin Farrell, Jessica Brown Findlay, Jennifer Connelly, Eva Marie Saint, Russell Crowe, William Hurt, Will Smith, Matt Bomer, Kevin Durand, McKayla Twiggs, Ripley Sobo, Lucy Griffiths, Kevin Corrigan, Brenda Wehle
Sceneggiatura di Akiva Goldsman, dal romanzo omonimo di Mark Helprin
Fantasy, 1h 54′, Warner Bros. Pictures Italia, in uscita il 13 febbraio 2014
Voto: 4½ su 10
Bisogna diffidare di Akiva Goldsman, sceneggiatore di rara ruffianeria commerciale che, nella sua altalenante carriera, ha alternato riduzioni da solidi best seller (tra gli altri, Il cliente, Io sono Leggenda e il vituperabile Codice Da Vinci) a clamorosi tonfi (bastino Batman Forever e Lost in Space), fino all’Oscar per l’abile script di A Beautiful Mind, tratto anch’esso dal libro di Sylvia Nasur e con più di uno zampino del regista Ron Howard. Debutta ora alla regia con Storia d’inverno, oltre ad averlo prodotto e scritto, partendo dal romanzo fiume di Mark Helprin, nel tentativo di rinverdire il filone favolistico-sentimentale tanto caro al cinema di due decenni e più orsono.
Spiace dirlo, il film è completamente sbagliato, ed è facile ravvisarne le cause. In primis, non dev’essere stato facile condensare le oltre 800 pagine del romanzo in una sintesi cinematografica tutto sommato onesta (la durata non va oltre le due ore scarse); purtroppo, però, la storia d’amore lunga oltre un secolo tra il ladro gentiluomo Peter Lake (Farrell) e la bellissima Beverly Penn (Findlay), condannata dalla malattia terminale di lei e dalla caccia spietata che a lui dà il malvagio Pearly Soames (Crowe), è priva di ogni senso logico e narrativo.
Peccato, la favola è noiosa! Anche in questo tipo di racconti è necessaria una credibilità di fondo che possa giustificare archi temporali assai sballati (occhio a un cioccolatino e a una vecchina, ai conti, pluricentenaria), apparizioni inspiegabili di cavalli alati, rivalità e rancori avvolti nel mistero e tanto altro ancora. Ciò comporta una confusione generale irrefrenabile, che mina dialoghi e intere sequenze fino a precipitarle a livelli parodistici.
Non aiuta la rigidità registica di Goldsman, incapace di vivacizzare l’azione e di sbloccarsi dai primi piani dei suoi protagonisti, da par loro decisamente goffi e spaesati (ne fa le spese un plotone da Oscar: dalla storica Eva Marie Saint a William Hurt, fino all’imbolsito Crowe e alla sprecata Connelly, mentre sul cameo di Will Smith meglio tacere). Perlomeno, grazie al fascino zozzone di Colin Farrell, ci viene risparmiato lo stereotipo dell’eroe romantico biondo e dall’occhio languido: la rossa Findlay, dopo una notte di sospirata passione con il nostro, ci lascia immediatamente le penne.
Ci si consenta un po’ di cinismo, è il risultato di una delusione che proprio non volevamo augurarci, un film senza capo né coda che prometteva emozioni e restituisce solo un pasticcio e nemmeno un pasticcino. Sì che esce in sala anche per San Valentino…
Giuseppe D’Errico
Lascia un commento