“Stoker”, Park Chan-wook e il diario di una perversione criminale

Stoker (id, Usa, 2012) di Park Chan-wook con Mia Wasikowska, Nicole Kidman, Matthew Goode, Jackie Weaver, Dermot Mulroney, Phylls Somerville, Lucas Till

Sceneggiatura di Wentworth Miller

Thriller, 1h 40’, 20Th Century Fox Italia, in uscita il 20 giugno 2013

Voto: 7½ su 10

A nessun regista si nega il proprio esercizio di stile hitchcockiano, a maggior ragione se il regista in questione è tra i più acclamati rappresentanti del revenge movie orientale. Park Chan-wook, autore dei pluripremiati Oldboy e Thirst, firma con Stoker il suo esordio in una produzione interamente statunitense, sulla scorta di una avventurosa sceneggiatura scritta dall’attore Wentworth Miller, protagonista del serial tv Prison Break, più volte scartata e inserita nella lista dei progetti indesiderati dalle case di produzione.

stoker-trailer-italiano-stills-e-poster-L-ix3B5tL’esistenza solitaria e laconica di India Stoker (Mia Wasikowska) viene sconvolta nel giorno del suo diciottesimo compleanno dalla tragica morte del padre Richard (Dermot Mulroney). Al ricevimento funebre compare lo zio Charlie (Matthew Goode), uomo tanto affascinante quanto sinistro, arrivato da un lungo viaggio per accudire la nipote, che non ne aveva mai sentito parlare prima, e sua madre Evie (Nicole Kidman), una donna fragile e psicologicamente instabile. Nonostante una forte diffidenza iniziale che la spinge a ritenere l’uomo solo un avido profittatore, India si scopre morbosamente attratta dai suoi modi, al punto da risvegliare in lei pulsioni faticosamente nascoste.

Chi si aspettava una versione hollywoodiana del sanguinoso Lady Vendetta resterà deluso: Park abbandona la furia delle opere precedenti e ‘si’ abbandona a una violenza mentale ben più deflagrante di quella esplicitamente visiva.

Il romanzo di formazione di una possibile assassina passa, così, nei meandri di un ritratto incubo della famiglia americana, in cui covano passioni intime e depressioni emotive destinate a implodere in modo selvaggio.

stokerIl modello di riferimento resta L’ombra del dubbio di Hitchcock, per il legame speciale tra adulazione e sospetto che coinvolge nipote e zio (e ci sono anche rimandi a Psycho e Frenzy), ma il regista sudcoreano, più che all’omaggio, è interessato allo sviluppo di una seduzione maligna covata dapprima sotto un’apparenza di introversione sofferta, esplosa poi nelle duplici spoglie di un desiderio incestuoso e di un istinto omicida congenito.

Nomen-omen, la famiglia Stoker (come l’autore del romanzo Dracula) vampirizza le emozioni in un’espressione efebica, che sullo schermo si traduce in una regia algida e barocca, in una messa in scena esteticamente ammaliante e insinuante (eccezionale la fotografia da fiaba nera di Chung  Chung-hoon, così come le musiche di Philip Glass e gli arredi opprimenti di Thérèse  DePrez) e non per questo scevra da una depravazione insita in ogni situazione.

Stoker-a42A ben vedere, però, il buon Alfred non avrebbe mai acconsentito a una tale sproporzione tra forma cinematografica e materiale narrativo primario, quell’intrigo familiare poco limpido che, più volte, sembra diventare accessorio di un sessuofobico manuale di psicologia criminale.

Per il resto, il film splende di oscuro rancore, e il malessere di una ragazza morsa dal ragno della perversione trova l’interprete giusta in una fosca e raggelante Wasikowska, ben servita dal mellifluo Matthew Goode e dalla spaventosa matriarca di una strepitosa Kidman ramata.

Giuseppe D’Errico

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