“Shakespeare per attori anziani” di Francesca Nunzi, uno spettacolo di Claudio Insegno, la recensione

SHAKESPEARE PER ATTORI ANZIANI

di Francesca Nunzi

regia di Claudio Insegno

con Francesca Nunzi e Marco Simeoli e con Daniele Derogatis

In scena al Teatro de’ Servi di Roma dal 12 al 29 maggio e il 15 e 16 settembre al Globe Theatre di Roma

Voto: 8 su 10

La nostra scena non s’apre più nella bella Verona, né più c’è il rancore antico delle due casate di pari nobiltà (che poi, ma come si chiameranno mai?!) a seppellire l’amore di due giovani amanti… No. Il palco di Shakespeare per attori anziani è quello, dimesso e un po’ scalcagnato, su cui due poveri disgraziati col sogno della ribalta, tentano di rinverdire le loro carriere ormai al tramonto reinventando alcuni dei temi e dei luoghi più iconici del teatro dell’immenso Bardo di Stratford-upon-Avon. I soldi latitano e la Siae per anni non è arrivata, e allora i due si arrangiano con quel che hanno, complice una sorta di alter ego del grande drammaturgo che, di volta in volta, introdurrà le loro malefatte interpretative ai danni di titoli celeberrimi.

E così, Romeo e Giulietta fanno a meno del balcone e si rinfacciano gli acciacchi della canutaggine, le allegre comari di Windsor diventano due megere luttuose e lamentose, la bisbetica domata tormenta chiunque col suo assillo con la scusa del diabete e Riccardo III deve vedersela con un’inattesa cacca di cane che gli rovina la scena. Ma siamo sicuri che la colpa di tutto questo disastro sia dei due attori? E se invece a essere portati in scena siano i leggendari “scarti” shakespeariani provenienti dai famigerati Lost Years, gli anni perduti che vanno dal 1585 al 1592, di cui si sono perse le tracce?

Shakespeare per attori anziani è un concentrato di buonumore che Francesca Nunzi ha scritto con il consueto acume ironico ma, soprattutto, rivelando l’enorme affetto che la lega all’opera omnia del grande sir William. A condividere con lei la scena c’è Marco Simeoli, con cui forma ormai da tempo una collaudatissima coppia comica: i due, veramente scatenati, brillanti e molto divertenti, animano un testo che mette giustamente da parte le ambizioni letterarie per assestarsi su un riconoscibile impianto da varietà. La comicità, che alterna la battuta licenziosa alla critica sociale, l’arguzia vernacolare e il più puro non-sense, è semplice e immediata ma orchestrata con sapienza. Giusto contraltare ai due mattatori assoluti è la presenza di Daniele Derogatis, collante mai invadente tra un siparietto e l’altro. Attentissima la direzione attoriale di Claudio Insegno, che si concentra più sulla coreografia del corpo dei suoi interpreti, piuttosto che sull’ambiente. Il risultato è un’ora e mezza di sana leggerezza, che riesce nell’impresa di farci tornare la voglia di sfogliare ancora una volta i capolavori di William Shakespeare.

Giuseppe D’Errico

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