I segreti di Osage County (August: Osage County, USA 2013) di John Wells con Meryl Streep, Julia Roberts, Chris Cooper, Ewan McGregor, Margo Martindale, Sam Shepard, Dermot Mulroney, Julianne Nicholson, Juliette Lewis, Abigail Breslin, Benedict Cumberbatch, Misty Upham, Will Coffey
Sceneggiatura di Tracy Letts , dall’omonimo dramma teatrale vincitore del Premio Pulitzer 2008
Drammatico, 1h e 59’, Bim Distribuzione, in uscita il 30 gennaio 2014
Voto Ozza: 7 su 10
Voto D’Errico: 8 su 10
Non troverete nulla di originale in questo dramma familiare, di origine teatrale, trasposto sullo schermo dalla stesso drammaturgo, Tracy Letts, che nel 2008 ha strappato premio Pulitzer e Tony Award per il suo Agosto: foto di famiglia (pubblicato in Italia da Bur Rizzoli). Un impianto classicissimo, una serie di tirate già viste, di personaggi che, a tutti i costi, uno ad uno, devono rinfacciare una propria verità fino a quel momento taciuta in famiglia, il tutto condito da rivelazioni, agnizioni quasi violente, che sfiorano l’incesto. Ve lo ricordate lo splendido Festen di Thomas Vinterberg con cui si inaugurò il Manifesto Dogma? Siamo lì, in tono minore, con meno enfasi: decisamente nel più trito e ritrito degli schemi drammaturgici. Perché vedere I segreti di Osage County, allora? Per la straordinaria interpretazione di tutti, ma proprio tutti gli attori: a cominciare dalla sempre eccelsa Streep, a una sorprendente Roberts, alla simpaticissima Margo Martindale (protagonista ora in tv della fortunata sit-com The Millers), a un misurato Ewan McGregor. E ancora l’affiatamento di questi artisti, il loro dialogo implicito fatto di gesti, ammiccamenti, cenni, che rivelano un sottotesto (forse unico pregio di quest’opera) capace di scalfire la superficie, di scavare nel profondo dell’anima di ciascun personaggio, donandola al pubblico. Una regia, quella di John Wells, che non teme il confronto con il teatro, anzi, ne denuncia fin troppe volte l’appartenenza, con tutti i limiti di un finale aperto, che aspira a una poeticità rincorsa, ricercata, inorganica. Qualche lungaggine di troppo, qualche forzatura, ma ne vale la pena: sul grande schermo vedrete Attori, con la A maiuscola.
Andrea Ozza
“I segreti di Osage County”, donne e veleni di famiglia con un superbo duello Streep-Roberts
Avevamo lasciato la famiglia americana (meglio se residente in Oklahoma) secondo Tracy Letts, immersa in un bagno di sangue catartico, nel finale del bellissimo Killer Joe di William Friedkin. La ritroviamo ora preda della calura agostana in questa riduzione cinematografica da un’altra sua fortunata pièce, insignita del Pulitzer, da lui stesso sceneggiata e diretta da John Wells, anche lui tra i padri fondatori di una delle famiglie più disfunzionali della tv, quella del serial Shameless.
Cardine drammatico de I segreti di Osage County è il personaggio di Violet, vedova attempata di un marito (Sam Shepard) che decide di suicidarsi citando T.S. Eliot – “la vita è troppo lunga” – e madre di tre figlie sulla via dei Quaranta, diversissime tra loro, che tornano a casa per il funerale, con i rispettivi compagni. Violet, affetta da cancro alla bocca, è anche una tossicodipendente, ma nonostante questo riesce saldamente a tenere in pugno le vite di ogni membro della famiglia, sorella (Margo Martindale) e cognato (Chris Cooper) compresi. Violet ha sempre avuto un rapporto estremamente conflittuale con la figlia maggiore Barbara (Julia Roberts), rea di essersi trasferita col marito (Ewan McGregor) e la nipote (Abigail Breslin) in una grande città e, ai suoi occhi, abbandonando i genitori al loro lento declino fisico e mentale. Violet è interpretata da Meryl Streep.
I paesaggi sconfinati, aridi e soffocanti di Osage County si riflettono in un interno famigliare cupo e claustrofobico, che registra con grande acume l’insormontabile distanza tra la generazione dei genitori e quella dei figli. Come ogni riunione parentale che si rispetti, ogni tensione deflagra a tavola: preparatevi non a uno, ma a ben due tra i pranzi più incredibili ed esplosivi della storia del cinema. Il risultato finale, scontato solo in apparenza, fa a meno dei tipici piagnistei del genere o della calcolata ridondanza simbolica di un film come Festen, per concentrarsi sulla verità (e, di contro, sui segreti inconfessabili) di personaggi tanto riusciti quanto più sottratti alla sfera dell’ordinarietà, alla maniera dei drammi di Tennessee Williams.
La traduzione dal palco al grande schermo guadagna le splendide location e non ci rimette in ritmo, grazie a una regia capace di valorizzare la furia dei dialoghi e il cinismo violento ma non privo di humour di ogni singola situazione. Piatto forte è, ovviamente, un cast di straordinari interpreti: Meryl Streep (diciannovesima candidatura al premio Oscar) giganteggia come le è di competenza e sprofonda la sua Violet in un distillato acre con abissi di pura commozione; memorabili gli scontri verbali e persino fisici con una superba Julia Roberts, figlia arcigna e caparbia, così lontana eppure così vicina a una madre a cui non vorrebbe somigliare.
Giuseppe D’Errico
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