
Ruby Sparks (Id, Usa, 2012) di Jonathan Dayton, Valerie Faris con Paul Dano, Zoe Kazan, Antonio Banderas, Steve Coogan, Chris Messina, Annette Bening, Elliot Gould
Sceneggiatura di Zoe Kazan
Commedia, 1h 44′, Fox Searchlight, in uscita il 6 dicembre 2012
Voto: 8 su 10
Per chi non lo sapesse, Jonathan Dayton e Valerie Faris, coppia, artistica e di vita, sono i registi che sei anni fa portarono a segno uno dei film americani indipendenti più adorabili e disfunzionali di sempre, quel Little Miss Sunshine assolutamente grottesco e vitale che, oltre a lanciare definitivamente un gruppo di attori di nicchia, sancì un liberatorio senso di rivalsa cinematografica su operazioni ben più accomodanti e onerose.
Oggi quella coppia è tornata, più fresca che mai, con Ruby Sparks, gioiellino “indi” scritto dalla protagonista Zoe Kazan, nipote del glorioso Elia (regista, tra gli altri, di Un tram che si chiama desiderio e Splendore nell’erba) e compagna di Paul Dano, che con lei divide la scena sullo schermo.
Dopo il successo precoce ottenuto col suo primo romanzo, il giovane e ipersensibile Calvin Weir-Fields (Paul Dano) si trova a dover fare i conti col più classico dei blocchi dello scrittore. Tra una seduta dall’analista (Elliot Gould) e i consigli sentimentali del fratello sposato (Chris Messina), Calvin sente il bisogno di abbandonarsi alle più rosee fantasie per creare la protagonista del suo nuovo libro; lo fa, plasmandola secondo gusti ed esigenze personali. Un giorno, però, la ragazza gli si materializza in casa, viva, vegeta e innamoratissima: lei è Ruby Sparks, la donna che Calvin ha sempre sognato e che, oltretutto, può modificare a suo piacimento.
A metà strada tra l’allegoria sentimentale di Eternal sunshine of the spotless mind e le fasi alterne della vita di coppia di (500) days of Summer, il film di Dayton e Faris è un compendio aggiornato ai tempi del rapporto, non solo letterario, tra creatore e creatura, quel complesso giro di suggestioni egoistiche che, dal mito del Golem fino al Frankenstein di Mary Shelley, passando per il Pygmalion di George Bernard Shaw e, perché no, a Vertigo di Hitchcock, è da sempre motivo di rilancio per un tema mai esausto.
La deliziosa sceneggiatura della Kazan, però, propone un punto di vista non da sottovalutare: dietro l’apparente magia del racconto si cela l’incubo dell’essere umano di voler cambiare il partner secondo interessi labili e impropri; in questo modo, il sogno d’amore si trasforma nel fallimento delle percezioni, l’illusorio si ritrova tradito dalle strettoie della vita.
Il film è una straordinaria commedia amara sul senso del romanticismo disperso nei meandri dell’individualismo senza colpa e senza causa, narrato e recitato con una leggiadria e una brillantezza rigeneranti; non importa se, ogni tanto, lo stereotipo fa capolino (come la parentesi a casa dei genitori hippies di Calvin, interpretati dalla Bening e Banderas) perché questo è cinema che ci parla direttamente: è impossibile idealizzare fino in fondo i nostri desideri.
Giuseppe D’Errico
Bellissimo questo film!!!! belli gli spunti di riflessione che appaiono dalla recensione sui rapporti di coppia e i rimandi letterari. Il romanticismo molto spesso si disperde, purtroppo, nei meandri dell’individualismo!!!