Millennium – Quello che non uccide (The Girl in the Spider’s Web, Usa, 2018) di Fede Alvarez con Claire Foy, Sverrir Gudnason, Sylvia Hoeks, Vicky Krieps, Lakeith Lee Stanfield, Stephen Merchant, Claes Bang, Cameron Britton
Sceneggiatura di Jay Basu, Steven Knight, Fede Alvarez dal romanzo “Quello che non uccide – Millennium vol.4” di David Lagercrantz (ed. Marsilio)
Thriller, 1h 50′, Warner Bros. Italia, in uscita il 31 ottobre 2018
Voto: 5 su 10
Da tempo si erano perse le speranze per una prosecuzione americana del franchise Millennium, dopo l’omonima serie televisiva e, soprattutto, dopo l’inaspettato e immeritato insuccesso del primo capitolo del 2011 firmato da David Fincher, remake dell’originale svedese che lanciò l’attrice Noomi Rapace e trasposizione dell’emblematica trilogia letteraria del compianto Stieg Larsson Uomini che odiano le donne. Il progetto ritorna oggi in una veste rinnovata, con Fede Alvarez (La casa, Man in the dark) alla regia e la diafana Claire Foy nel ruolo cardine di Lisbeth Salander, la geniale hacker cyberpunk sempre in cerca di rivendicazione al femminile. La narrazione riprende dal quarto libro della saga, Quello che non uccide (in originale è The Girl in the Spider’s Web), il primo scritto da David Lagercrantz nel 2013, che raccoglie l’ingombrante eredità dell’autore originario.
Se in principio la saga (sia letteraria che cinematografica) si caratterizzava con dosi di sesso e violenza inaudite per gli standard comuni, peculiarità tra l’altro rispettata anche nella ripresa autoriale di Fincher, questa terza sortita dei personaggi si attesta in un più rassicurante e roboante prodotto action da multiplex, ricco di esplosioni, inseguimenti e continui colpi di scena, a scapito della complessità psicologica della vicenda. Lisbeth deve sgominare una rete di spie governative che vuole impadronisrsi di un programma in grado di disinnescare la sicurezza nazionale: l’inventore viene ucciso e l’unico a conoscenza della chiave di codifica è suo figlio; ma la nostra eroina non immagina che, a capo dell’organizzazione criminale si cela sua sorella…
Un po’ James Bond, un po’ Beautiful, la sceneggiatura di Jay Basu, Steven Knighte del regista stesso cerca di tenere a bada le molte piste della cospirazione, perdendo di vista il malessere, la disperazione e la cattiveria che erano alla base della storia e che muovevano i destini dei protagonisti, assecondando le regole di uno spettacolo fracassone e troppo addomesticato. Completamente sottostimata la figura del reporter Mikael Blomkvist, ridotto a gregario perennemente in pericolo di vita e interpretato da un Sverrir Gudnason particolarmente scialbo, la scena la ruba la perfida rossa Sylvia Hoeks, dato che la pur volenterosa Foy ha gli occhioni troppo dolci per incarnare i tormenti della sua Lisbeth.
Giuseppe D’Errico
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