Una questione privata (Italia/Francia, 2017) di Paolo Taviani con Luca Marinelli, Lorenzo Richelmy, Valentina Bellé, Anna Ferruzzo, Francesca Agostini, Jacopo Olmo Antinori, Josafat Vagni, Antonella Attili, Giulio Beranek, Mauro Conte, Guglielmo Favilla
Sceneggiatura di Paolo e Vittorio Taviani, dal romanzo omonimo di Beppe Fenoglio (Ed. Einaudi)
Drammatico, 1h 24′, 01 Distribution, in uscita il 1° novembre 2017
Voto: 4½ su 10
Per avere un’idea dell’importanza che Una questione privata di Beppe Fenoglio ha avuto non solo sulla letteratura italiana ma, soprattutto, sul processo di reinterpretazione storica della vicenda, basti pesnare che Italo Calvino lo definì il libro sulla Resistenza, l’opera che più di tutte aveva rappresentato l’esperienza partigiana nella sua essenza, al di là dei fatti. I decani del nostro cinema d’autore Paolo e Vittorio Taviani provano a tradurre per il grande schermo la complessa narrativa dell’autore albese, pagine fitte di memorie che rifuggono dal realismo per trovare nell’astrazione allegorica l’unica possibile via d’uscita per sopravvivere al ricordo bellico.
Già Guido Chiesa, nel 2000, si era cimentato in una rischiosa trasposizione fenogliana con Il partigiano Johnny, che, pur nei suoi limiti, cercava di non perdere mai di vista quella particolare sensibilità distaccata della pagina letteraria; i Taviani, invece, si attestano su un’interpretazione decisamente piatta e superficiale della guerra fratricida che vide scontrarsi, sul finire della seconda guerra mondiale, i giovani partigiani con la nuova organizzazione fascista italiana. La guerra è filtrata dalla vicenda personale di Milton (Marinelli), un partigiano che, durante la resistenza nelle Langhe, cerca disperatamente di salvare l’amico fraterno Giorgio (Richelmy), tenuto prigioniero dalla parte avversa; in realtà, il ragazzo deve chiarire la natura del rapporto instauratosi in sua assenza tra il compagno d’infanzia e la giovane Fulvia (Bellé) di cui è innamorato e che ora è tra gli sfollati del paese.
Pur riconoscendo ai fratelli Taviani un rigore stilistico sempre più raro nel nostro cinema, questa trasposizione conferma l’evidente difficoltà d’adattamento di Fenoglio all’operazione filmica: tutto resta inevitabilmente canalizzato in un resoconto di situazioni, storiche e private, che non vanno oltre l’immagine canonizzata. I due cineasti avrebbero dovuto osare con un approccio più coraggioso e attuale, cosa che fecero (raccogliendo lodi e premi internazionali) con Cesare deve morire, e non adagiarsi su una datata normalizzazione della materia affrontata. Ne viene fuori un film nato vecchio, calligrafico, privo di ritmo e rigidamente interpretato da tutti gli attori, compreso Marinelli che è prigioniero di un ruolo irrisolto. E, alla fine, anche il film, come il protagonista, rimane avvolto nella nebbia dei tempi andati.
Giuseppe D’Errico
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