The Accountant (id, Usa, 2016) di Gavin O’Connor con Ben Affleck, Anna Kendrick, J.K. Simmons, Jon Bernthal, Jean Smart, Cynthia Addai-Robinson, Jeffrey Tambor, John Lithgow, Alison Wright
Sceneggiatura di Bill Dubuque
Thriller, 2h 08’, Warner Bros. Pictures Italia, in uscita il 27 ottobre 2016
Voto: 3½ su 10
Tutti i più deleteri stereotipi del cinema americano sono concentrati in The Accountant di Gavin O’Connor, un fracassone sparatutto dalle ridicole velleità drammatiche, interpretato da quella impressionante patata lessa di Ben Affleck. Uno dei luoghi comuni peggiori su cui vorrebbe reggersi questo film (e, implicitamente, farne motivo di humour) riguarda proprio il suo attore principale, di proverbiale inespressività al punto che il Clint Eastwood “con cappello o senza” dei western leoniani era sir Laurence Olivier.
Appunto per questo, il buon Ben (che ci sta pure simpatico) è chiamato a impersonare un contabile dalla prodigiosa mente matematica, affetto da una particolare forma di autismo e incapace di instaurare relazioni umane col prossimo. Pare evidente che, per un simile personaggio, era necessaria una mimica quanto più fredda e scostante possibile, che non vuol dire affidarsi a un attore che non sa recitare. Dustin Hoffmann e Javier Bardem, con ruoli simili, hanno vinto un Oscar; Affleck, invece, sfoggia per oltre due ore una sola, monolitica e spentissima espressione babbiona che fa definitivamente crollare le potenzialità di un action thriller di per sé pessimo.
Il protagonista, Christian Wolff (ma ce lo vedete Ben Affleck che fa il genio matematico autistico?!), lavora sotto copertura per alcune delle organizzazioni criminali più pericolose al mondo, ma alle sue calcagna c’è Ray King (Simmons), capo della divisione anti-crimine del Dipartimento del Tesoro. Quando Christian individua una serie di falsificazioni nei documenti di una società di robotica d’avanguardia, in cui un’addetta alla contabilità (Kendrick) ha scoperto un ammanco nei conti di milioni di dollari, i morti cominceranno a fioccare. E il serafico contabile si trasformerà in uno spietato assassino…
Raccontata così, la trama sembra avere anche una sua direzione, ma la sceneggiatura è talmente pedestre che anche il film poi ne risente. Dopo un inizio brillante, la storia perde completamente di senso, la cospirazione si ritrova senza capo né coda, l’indagine collaterale è risibile e, per tirare le fila, si ricorre anche a imbarazzanti e lunghissimi spiegoni in flashback. Velo pietoso sul colpo di scena finale, che pare fare il verso a una divertente pubblicità di una marca di chewingum di qualche anno fa. Ogni tanto si ride per l’incapacità di Affleck di fronteggiare anche il dialogo più elementare, ma ciò non giustifica né la sua presenza nel film (o nei film in generale: dal momento che ha più volte dimostrato di essere un buon regista, facesse quello), né l’esistenza di questo thriller a livelli, più stupido di un videogame.
Giuseppe D’Errico
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