RomaFF11 – Selezione Ufficiale: “Sole cuore amore”, un film di Daniele Vicari

Sole cuore amore (Italia, 2016) di Daniele Vicari con Isabella Ragonese, Francesco Montanari, Eva Grieco, Giulia Anchisi, Francesco Acquaroli, Chiara Scalise, Paola Tiziana Cruciani

Sceneggiatura di Daniele Vicari

Drammatico, 1h 52’, Koch Media

Voto: 4½ su 10

Il potere non si interessa della routine, quindi deve farlo il cinema. Sotto questa urgenza civile più che cinematografica, Daniele Vicari lancia la sua ultima fatica, Sole cuore amore, un film per certi versi estremamente respingente, che affronta un tema ormai da anni di allarmante attualità, quello del precariato lavorativo, capace di schiacciare e annullare l’esistenza di ogni povero disgraziato costretto ad accettare compromessi mortificanti pur di sopravvivere.

L’exemplum è quello di Eli (Ragonese), orfana, un marito disoccupato (Montanari), quattro figli e un lavoro come barista nel quartiere Tuscolano di Roma, troppo distante per lei che abita vicino Ostia e che ci impiega due ore per raggiungerlo con i mezzi pubblici. La paga è miseranda, il capo intransigente, gli sforzi immensi. La sveglia suona quotidianamente in piena notte, il calvario in loop la indebolisce ma, nonostante tutto, Eli conserva un entusiasmo invidiabile che contagia anche le persone che le sono intorno. L’unico aiuto le viene offerto dall’amica fraterna Vale (Grieco), che conduce una vita a lei speculare: ballerina e performer nelle ore serali, con un rapporto conflittuale con la madre (Cruciani) e questioni private irrisolte. La loro amicizia è l’unica certezza in un’esistenza di affanni senza meta.

Attraverso il rapporto di sorellanza tra le due protagoniste, il regista vorrebbe riflettere su una serie di difficoltà comuni che si fanno specchio di un disagio universale in tempi di crisi, ambizione quanto mai nobile perché inserita in un contesto di ben riconoscibile normalità, dove solo un previlegiato rischierebbe di non riconoscersi. Vicari riesce bene a rappresentare, giorno dopo giorno, le corse della protagonista per raggiungere il lavoro tra i disservizi della capitale, le umiliazioni a cui deve sottostare, i piccoli stratagemmi a cui ricorre per arrotondare le esigue entrate economiche. Questo resoconto di una vita amara, così realistico nella sua crudeltà (anche merito di una credibile Ragonese), è il pregio più grande di un film, invero, pieno zeppo di vuoti di scrittura e di mancati legami narrativi. Imperdonabile è, soprattutto, l’assenza di spessore nel rapporto tra le due figure principali: i rispettivi archi di racconto sono quasi completamente slegati tra loro, a tutto svantaggio per la linea di Vale, priva di interesse e gonfia di blandi stereotipi drammatici. Il film, oltretutto, è appesantito da una serie di indigeste coreografie para-teatrali (curate dalla stessa Grieco) che ne minano pericolosamente il ritmo.

Alla fine, la promessa di una speranza di stabilità che Eli riconosce malinconica nelle parole di una canzonetta estiva, a cui si rifà il titolo, si trasforma in una fragile istantanea colma di tristezza delle brutture contemporanee. Il messaggio politico è ben preciso, ma difficilmente i diretti interessati ci faranno caso.

Giuseppe D’Errico

 

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Era l’estate del 2001 quando una semisconosciuta – poi rimasta tale – Valeria Rossi, cantava “dammi tre parole: sole, cuore, amore”, ritornello di “Tre Parole”, canzone destinata a diventare tormentone di quella stessa calda estate.

E’ inverno, invece, sulla scena portata sul grande schermo da Daniele Vicari con il suo Sole Cuore Amore. Roma. Eli (Isabella Ragonese) si alza ogni mattina prestissimo per recarsi al bar dove lavora come barista nel quartiere tuscolano. Una vita di sacrifici. Lo stipendio che non basta mai. Un marito disoccupato e quattro figli. Eli però non si lamenta e va avanti, forte anche della sorellanza con Vale (Eva Grieco), danzatrice/performer.

Raggiungere il bar, per Eli, è già un lavoro. I viaggi in autobus e metro fanno da sfondo a questa storia, che non decolla mai, costellata da performance di cui ci domandiamo il senso. Forse, non hanno senso, esattamente come non ha senso lo spirito di sacrificio a cui è costretta la “nostra” generazione: quella dei precari. Sempre in movimento, ma sempre fermi. Costretti a girare come criceti in gabbia. Come Eli. Ci raccontiamo frottole, pensiamo che andrà meglio, ma poi l’autobus fa ritardo, la metro si allaga e di nuovo, siamo fermi. Come il film. Fra un viaggio e l’altro, una nottata in discoteca, una storia lesbica appena appena accennata da un personaggio che ci si poteva risparmiare, per poi ricominciare il giro. Fino all’alienazione.

Alla sceneggiatura di Vicari si deve riconoscere l’idea di fotografare un momento drammatico della storia del nostro paese. Sono passati tanti anni dalla canzone di Valeria Rossi, da quel Sole Cuore Amore del titolo che diede il tormento un’estate intera alla stessa generazione di precari a cui Vicari si rivolge oggi.

Angela Di Giacomantonio

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