“Ragazzi di vita”, Pasolini in scena secondo Popolizio e Trevi, la recensione

RAGAZZI DI VITA

di Pier Paolo Pasolini

drammaturgia Emanuele Trevi
regia Massimo Popolizio

con Lino Guanciale
e Sonia Barbadoro, Giampiero Cicciò, Roberta Crivelli, Flavio Francucci, Francesco Giordano, Lorenzo Grilli, Michele Lisi, Pietro Masotti, Paolo Minnielli, Alberto Onofrietti, Lorenzo Parrotto, Cristina Pelliccia, Silvia Pernarella, Elena Polic Greco, Francesco Santagada, Stefano Scialanga, Josafat Vagni, Andrea Volpetti

scene Marco Rossi
costumi Gianluca Sbicca
luci Luigi Biondi
canto Francesca Della Monica
video Luca Brinchi e Daniele Spanò
assistente alla regia Giacomo Bisordi

una produzione Teatro di Roma

in scena al Teatro Argentina di Roma fino al 20 novembre

Voto: 7 su 10

Ragazzi di vita di Pasolini, nella versione drammaturgica di Emanuele Trevi e registica di Massimo Popolizio, arriva dopo la lunga partecipazione del primo al progetto “Petrolio” di Mario Martone e in seguito alle letture pasoliniane realizzate per RadioTre del secondo. Era necessario, infatti, essere bene a conoscenza della materia per non correre il rischio di esserne travolti. La passione appare evidente in questo bell’allestimento del Teatro di Roma dell’omonimo romanzo scandalo arrivato alle stampe nel 1955, che con la sua forma prosastica modernissima e del tutto innovativa, mischiava con estrema poeticità differenti formule narrative, tutte unite tramite la lingua romanesca della periferia capitolina.

lino-guanciale_-ragazzi-di-vita_-regia-massimo-popolizio_foto-di-achille-le-peraRiuscirne a trarre un testo teatrale compiuto non era impresa semplice e Trevi ha scelto la via più saggia ma anche la meno pericolosa: ha ricavato una serie di quadri potenti e fortemente espressivi dell’universo pasoliniano, facendo spesso interagire tra loro i personaggi in terza persona, e affidando a un narratore esterno (l’elemento meno convincente, affidato a un pur ottimo Lino Guanciale) i raccordi di colore. Sul palco si ha il piacere di applaudire una splendida prova collettiva degli attori (si fanno notare soprattutto Josafat Vagni e Alberto Onofrietti) e una regia decisamente efficace e mai invadente, in cui Popolizio ha – forse involontariamente e altrettanto naturalmente – fatto confluire il suo fortunato passato ronconiano.

Eppure, tra il romanesco molto ben re-interpretato a seconda del ruolo in scena e l’acre ironia che esala da ogni sequenza, si ha come l’impressione che autore drammaturgico e regista siano rimasti solo in superficie alle straordinarie e insondabili profondità che un capolavoro letterario come Ragazzi di vita ha da offrire, quasi che l’immediatezza comica del tutto fosse elemento indispensabile alla messa in opera di uno spettacolo che, prima di ogni altra cosa, doveva poter arrivare al più vasto pubblico possibile. In questo modo si sacrifica il rischio e si riduce gran parte della sperimentazione che alimenta il lavoro teatrale, ma altresì si assicura una indubbia godibilità verso temi e luoghi ancora ostili ai più. La scommessa può considerarsi vinta, anche se Pier Paolo Pasolini avrebbe meritato più coraggio.

Giuseppe D’Errico

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