
Liberamente ispirato al racconto “Pretending the bed is a raft” di Nanci Kincaid
Adattamento e regia: Marta Iacopini
Con Giovanna D’Avanzo, Noemi Storace, Alessandra Di Tommaso, Daniele Trovato, Cristina Longo, Guido Lomoro, Francesco Del Verme, Claudia Filippi
Scene: Marta Iacopini e Cristina Longo
Luci: Adalia Caroli
Fotografie: Fabrizio Caperchi
Riprese e montaggio video esterni: Fabio Patrizi
Prodotto da: Guido Lomoro
Al Teatro Trastevere dal 9 al 14 aprile
Voto : 7½ su 10
Per mettere in scena uno spettacolo a cui si addice l’aggettivo “bello” non è sempre necessaria la presenza di attori dal nome altisonante, la “garanzia” della rappresentazione in un teatro noto, o la drammaturgia firmata da un autore che ha il plauso della critica.
Ad essere imprescindibile, molto più ragionevolmente, è un testo ben scritto, e le intenzioni – si spera sincere – delle persone che lavorano al progetto. Sembrano essere proprio questi i meriti del lavoro di Marta Iacopini che, ispirandosi al racconto “Pretending the bed is a raft” di Nanci Kinkaid, racconta, con composto garbo, gli ultimi mesi di vita di una giovane madre di nome Andrea. Condannata da un male che le concede pochi mesi di vita, sceglie di tornare a vivere concedendosi il permesso di realizzare piccoli sogni, nient’altro che ingenui desideri di una ragazza di provincia, che le consentono, però, di trovare la forza per amare più intensamente tutti coloro che si trovano ad accompagnarla nel suo ultimo tratto di viaggio.
La rappresentazione messa in scena al Teatro Trastevere si spoglia di inutili orpelli, usando con grande parsimonia movimenti scenici, effetti sonori e video proiezioni, per esaltare in tal modo la forza di un testo che assume valore proprio perché non pretende di insegnare verità ultime sul senso dell’esistenza. Rimane la storia di una sola persona, una donna che grida in silenzio la propria disperazione, in quello che assume il sapore di un ultimo, disperato gesto d’amore nei confronti della vita.
Giovanna D’Avanzo è la meravigliosa attrice che incarna Andrea: nella sua voce gentile e nei suoi occhi tristi c’è tutto quello che serve per restituire il senso di questa storia. È anche grazie a lei che “Questa sei tu” merita il più semplice ed esaustivo degli appellativi: bello.
Bello davvero.
Marco Moraschinelli
bravissima la regista; sono orgoglioso di tanta figlia, papà
Pero pure per tirare una mattonata nello stomaco di chi paga 14 euro “non è sempre necessaria la presenza di attori dal nome altisonante, la “garanzia” della rappresentazione in un teatro noto, o la drammaturgia firmata da un autore che ha il plauso della critica.”