Premonitions (Solace, Usa, 2015) di Afonso Poyart con Anthony Hopkins, Colin Farrell, Jeffrey Dean Morgan, Abbie Cornish, Matt Gerald, Xander Barkeley
Sceneggiatura di Sean Bailey, Ted Griffin
Thriller, 1h 41′, Lucky Red/Adler Entertainment, in uscita il 12 novembre 2015
Voto: 6½ su 10
Cosa saremmo disposti a fare per porre fine alla sofferenza delle persone che amiamo? Quanto saremmo in grado di sopportare il loro corpo consumarsi dal dolore? E quanto imploreremmo perché la vita ce li lasci ancora un giorno in più? Sono, queste, domande che ognuno di noi si augura di non doversi mai porre, ma sulle quali spesso si è chiamati a riflettere, quando si tocca il delicatissimo tema dell’eutanasia. È questa la sorpresa che non ti aspetti nel thriller soprannaturale Premonitions, il cui progetto nasce circa tredici anni fa, fortemente influenzato da un caso di cronaca nera che aveva profondamente scosso l’opinione pubblica dell’epoca: quello del dottor Kevorkian, fautore e autore del suicidio assistito e dell’eutanasia.
Trattando un argomento difficile da affrontare senza suscitare forti polemiche, la realizzazione del film ha richiesto una lunga preparazione che consentisse di trovare il giusto equilibrio tra sceneggiatura, cast artistico e cast tecnico. Quello che poteva diventare un campo minato, poiché tocca corde del nostro io più profondo come la spiritualità, la nostra concezione di etica e il nostro personale senso di umanità, è stato elaborato dagli sceneggiatori Sean Bailey e Ted Griffin come un meccanismo inoffensivo all’interno del quale tutti i punti di vista sul tema trovano il proprio spazio, senza che l’uno prevalga sull’altro ma lasciando che lo spettatore elabori una propria idea sul dibattito.
Partendo dal classico omicida seriale che terrorizza la città di Atlanta, Premonitions ha uno dei suoi punti di forza nella presenza sempre carismatica, pur se affaticata dagli anni, di Anthony Hopkins, qui nel ruolo del dottor John Clancy, un medico psicanalista ritiratosi in solitudine dopo la morte della giovane figlia e dotato di comprovate capacità sensitive, chiamato in soccorso dall’agente speciale Joe Merriwether (Jeffrey Dean Morgan) per collaborare alle indagini. Da una serie di elementi per gli altri incomprensibili, Clancy capisce che l’assassino ha le sue stesse abilità sensoriali. Inizia, così, una partita a scacchi dove ognuno dei due giocatori è in grado di prevedere la successiva mossa dell’avversario, con in palio una posta ancor più alta per il medico: proteggere la vita di Joe e della collega Katherine Cowles (Abbie Cornish). Affidandosi alle sue percezioni, i due agenti risaliranno a Charles Ambrose (Colin Farrell), un killer il cui “dono” è ben più impressionante rispetto a quello di Clancy…
Nonostante la presenza di varie tematiche che potrebbero far risultare la pellicola poco sopportabile, la regia del brasiliano Afonso Poyart alleggerisce il carico attraverso una realizzazione molto raffinata e visionaria, in cui le scene del crimine non sono mai cruente ma, anzi, rimandano spesso a riferimenti pittorici (come la morte di Ofelia di Millais); i toni caldi e la luce limpida scelti dal direttore della fotografia Brendan Galvin non creano mai ambienti ansiogeni e le tecniche di ripresa live action imprimono un ritmo tale da dare, a volte, la sensazione di essere all’interno di un video game. Entrare nella mente del dottor Clancy e vedere quello che lui prevede, risucchia in un vortice di immagini ricercate, colori intensi e atmosfere oniriche che suscitano di certo ammirazione per la notevole maestria con cui il film è stato realizzato.
Tuttavia, è proprio questo l’aspetto che impedisce a Premonitions di colpire fino in fondo ed, allo stesso tempo, il suo maggior limite. Pellicole di questo genere dovrebbero avere il coraggio di “sporcarsi” quel tanto che basta per lasciare davvero turbato lo spettatore e , probabilmente, era questa l’idea iniziale tanto che, in un primo momento, il film era stato pensato come un sequel dello sconvolgente ed indimenticato Se7en di David Fincher. Non sfugge, infine, il timido tentativo di ricreare tra Clancy e l’agente Cowless quel rapporto di ammirazione, diffidenza e repulsione che rinverdisse i fasti de Il silenzio degli innocenti. Ma quella tensione che squarciava lo schermo è ormai irriproducibile: lo sguardo inquietante di Hannibal Lecter ora si spegne negli occhi stanchi di Hopkins e la Cornish, con le sue costanti pose plastiche e la sua patinata freddezza è ben lontana dal ricordare Jodie Foster.
Lidia Cascavilla
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