PINTER. ATTI UNICI: Una specie d’Alaska – La stanza – Una serata fuori
di Harold Pinter
Regia Nanni Garella
Con Nanni Garella, Giorgia Bolognini, Luca Formica, Pamela Giannasi, Maria Rosa Iattoni, Iole Mazzetti, Fabio Molinari, Mirco Nanni, Lucio Polazzi, Deborah Quintavalle, Moreno Rimondi, Roberto Risi
Regista assistente Gabriele Tesauri
Luci Paolo Mazzi
Costumi Elena Dal Pozzo
Assistente alla regia Nicola Berti
Direttore di scena Davide Capponcelli
Foto di scena Raffaella Cavalieri
Una produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione in collaborazione con Associazione Arte e Salute Onlus e con il sostegno di Granarolo
Andato in scena all’Arena del Sole di Bologna
Voto 6½ su 10
Non è la prima volta che il regista Nanni Garella si confronta con Harold Pinter. La scelta di quest’autore è consequenziale a un’altra scelta compiuta dal regista bolognese ormai tanti anni orsono, ossia quella di lavorare con l’Associazione Arte e Salute Onlus in collaborazione con Regione Emilia Romagna per il progetto “Teatro e Salute Mentale”. Pinter è un autore che ha cercato continuamente di portare all’attenzione dell’opinione pubblica casi di violazione dei diritti umani e di oppressione, metterlo in scena significa raccontare le persone disagiate, emarginate, malate, sofferenti. E così anche lo spettacolo Pinter. Atti unici, andato in scena all’Arena del Sole di Bologna, prende in prestito la poetica del drammaturgo britannico, premio Nobel per la letteratura nel 2005, dandole linfa e vitalità grazie al vissuto della sofferenza psichiatrica degli interpreti, pronta a trasformarsi, come dice il regista, “in pura gioia estetica e in rappresentazione immediata della realtà”.
“Una specie di Alaska” è il primo atto messo in scena. Uno spazio asettico, nudo, al centro un letto d’ospedale e un tavolino con poche sedie, ospita la protagonista di questa storia: Deborah. Deborah è una giovane donna che si risveglia da un lungo coma causato da una malattia che l’ha colpita in piena adolescenza. Quando si sveglia, la fanciulla, piena di sogni e di speranze, dovrà scontrarsi con una realtà completamente nuova. I suoi occhi brillano ancora di aneliti adolescenziali, ma le rughe che li segnano parlano di una donna matura che ha perso molto tempo della sua esistenza. A raccontarle cosa è successo in questi anni a lei e ai suoi famigliari ci sono la sorella Pauline, invecchiata e vedova, e il dottor Hornby. Una rinascita, quella di Deborah che da un lato è una seconda possibilità, una chance di riprendere in mano il proprio destino. Dall’altro però dovrà fare i conti con il tempo perduto, con le occasioni mancate. Una pièce poetica, struggente ma anche ironica nella quale la riflessione sul prezioso valore del tempo s’insinua nello spettatore, lasciando un sorriso amaro sulla sua bocca.
“La stanza”, scritta da Pinter nel 1957, è la sua prima commedia e si svolge in un appartamento nel quale molteplici solitudini entrano in dialogo senza mai comunicare. Questa incomunicabilità desta allegria, perché i dialoghi assumono contorni buffi e grotteschi, ma instilla anche una certa inquietudine in chi osserva, come un prurito fastidioso perché questa incomunicabilità cresce sempre più in un gioco di equivoci velato di misteri. Una pièce, questa, in bilico tra realtà e finzione perché, proprio come voleva il drammaturgo: “Non vi sono distinzioni nette tra ciò che è reale e ciò che è irreale, né tra ciò che è vero e quello che è falso. Una cosa non è necessariamente vera o falsa, può essere sia vera che falsa allo stesso tempo”.
Scritto nel 1959, l’ultimo atto in scena è “Una serata fuori” che vede come protagonista un figlio unico coccolato e oppresso da una madre, vedova, possessiva e asfissiante con le sue stucchevoli cure e moine. Il dentro e il fuori sono i due spazi in cui Albert si dovrà confrontare per cercare la propria autonomia. Il dentro è rappresentato dalla sua dimora, dove vive con la mamma invadente e opprimente, che lo controlla e gli impedisce la naturale evoluzione del suo essere. Per fuggire da questo stato Albert prova a uscire, a costruirsi con molta fatica un suo spazio, all’esterno, ma anche qui il protagonista non riesce a trovare la propria dimensione, anche qui si sente soffocato da stereotipi e luoghi comuni che lo divorano e asfissiano a loro volta.
Anche stavolta Nanni Garella, che nel 2004 ha vinto il “Premio speciale Ubu 2004” per il lavoro svolto con i disabili mentali, ha saputo mettere in scena i temi pinteriani dell’assurdo, dello straniamento dell’individuo nella società e della difficoltà dei rapporti interpersonali, sfruttando al massimo la recitazione e la dirompente forza espressiva degli attori di Arte e Salute.
Amelia Di Pietro
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