“Ogni maledetto Natale”, buona idea senza ritmo né coesione

Ogni maledetto Natale (Italia, 2014) di Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre, Luca Vendruscolo con Alessandro Cattelan, Alessandra Mastronardi, Marco Giallini, Francesco Pannofino, Laura Morante, Caterina Guzzanti, Corrado Guzzanti, Valerio Mastandrea, Stefano Fresi, Valerio Aprea, Massimo De Lorenzo, Andrea Sartoretti

Sceneggiatura di Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre, Luca Vendruscolo

Commedia, 1h 35′, 01 Distribution, in uscita il 27 novembre 2014

Voto: 4½ su 10

Non chiamatelo cinepanettone. Il primo di un’agguerrita schera di italici film natalizi ad arrivare in sala segna il ritorno al grande schermo della premiata ditta Ciarrapico-Torre-Vendruscolo, i creatori del serial cult Boris. I tre mattacchioni, con Ogni maledetto Natale, avevano a disposizione qualche idea davvero niente male: può sopravvivere un amore novello alla festività più angosciosa dell’anno, specie se le famiglie di ambo le parti sono agli antipodi. Ne abbiamo qui una sgangherata dimostrazione, ma il risultato è ben più lasco delle aspettative.

Il film, infatti, è drasticamente diviso in due parti: dopo uno stringato prologo sentimentale per presentare i due protagonisti (Cattelan e Mastronardi), si passa immediatamente al quadretto sui generis dei rispettivi parenti. La vigilia è da lei, ossia dai Colardo, un branco di bifolchi che pare uscito da un horro degli anni Settanta. Il Natale è invece da lui, Marinelli Lops, una casata di ricchissimi industriali dolciari, ipocriti e snob. Entrambe le famiglie, in un gioco di specchi che avrebbe meritato ben altra audacia registica, sono interrpetate dal medesimo, scatenato gruppo di attori: Pannofino e la Morante sono i genitori, mentre a Mastandrea, Giallini e ai Guzzanti spettano ruoli di figli, cugini e camerieri.

La dissacrazione della ricorrenza più temuta dell’anno ha troppo spesso il fiato corto. Parte malissimo col ritratto retrogrado della famiglia provinciale e buzzurra, scadendo spesso in un umorismo che, più che demenziale e caustico, è solamente infantile e stantio. Si risolleva con la satira dell’alta borghesia del panettone, sull’orlo di una crisi di nervi per colpa di un tuttofare filippino che ha deciso di gettarsi dalla finestra: è qui che si rivelano le potenzialità del progetto, solo ora divertente e realmente graffiante. Mancano però ritmo e coesione. Resta un film promettente solo sulla carta, in cui si fanno ricordare una Morante in delirio da choc post-traumatico (pranzo sì, pranzo no) e un esilarante Corrado Guzzanti truccato da magiordomo orientale coi dentoni.

Giuseppe D’Errico

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