
Lucy (id, Francia/Usa, 2014) di Luc Besson con Scarlett Johansson, Morgan Freeman, Amr Waked, Choi Min-Sik, Luca Angeletti
Sceneggiatura di Luc Besson
Fantascienza, 1h 30′, Universal Pictures International Italy, in uscita il 25 settembre 2014
Voto: 7 su 10
Quando l’instancabile Luc Besson decide di dirigere una propria sceneggiatura, a fronte di un prolifico numero di copioni prodotti nella sua lunga carriera di cineasta, vuol dire che il progetto ha delle potenzialità che vanno oltre l’aspetto puramente spettacolare. D’altronde, chi ha imparato a (ri)conoscere il regista francese, sa bene che dalle sue pellicole raramente ci si potrà attendere riflessioni di spessore. È appunto il caso di Lucy, nuovo action-thriller fantascientifico, dopo la commedia gioiello Malavita, che paventa approfondimenti sulla mente umana e rivelazioni sul senso della vita, e si risolve come da pronostico in un’entusiasmante sarabanda di invenzioni visive ed effetti speciali.
La protagonista (Johansson) si chiama Lucy – come il primo Australopiteco bipede rinvenuto negli anni Settanta e vissuto oltre tre milioni di anni fa – ed è una studentessa fuori sede in una grande metropoli orientale. La ragazza, prelevata da una pericolosa gang coreana, verrà utilizzata come corriere per una nuova droga sintetica in grado di accelerare il processo di connessioni cerebrali dal 10%, che è il livello umano, fino al 100%. Ma quando il pacchetto, impiantatole chirurgicamente, si lacera dopo una colluttazione, la droga inizia ad essere assorbita e per Lucy avrà inizio un’esperienza inconcepibile, con una nuova percezione del suo corpo e della realtà circostante…
Besson vorrebbe unire la divulgazione scientifica all’intrattenimento di massa, mischia Quark con l’avvenirismo di Matrix (al quale è fin troppo debitore), tiene Kubrick bene a mente fino a suggerire risvolti mistici sull’evoluzione della specie e la natura dell’essere umano. Troppa grazia si dirà, e in effetti le spiegazioni scadono inesorabilmente in un mare di contraddizioni in termini. Ma sarebbe ingiusto guardare al film come a un trattato di studi precognitivi quando l’apparato ludico è così sfacciatamente sfrenato da riparare all’esilità dell’intreccio narrativo. Il divertimento è assicurato e la bella Scarlett, oltre a regalarci un autentico pezzo di recitazione al telefono sul lettino d’ospedale, merita di entrare nella gloriosa galleria di eroine bessoniane.
Giuseppe D’Errico
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