L’evocazione – The Conjuring (The Conjuring, Usa, 2013) di James Wan, con Vera Farmiga, Patrick Wilson, Lili Taylor, Ron Livingston, Joey King, Mackenzie Foy, Steve Coulter, Hayley McFarland, John Brotherton, Shanley Caswell, Kyla Deaver, Shannon Kook, Sterling Jerins, Ashley White, Christy Johnson, Amy Tipton
Sceneggiatura di Chad Hayes, Carey W. Hayes
Horror, 1h 52’, Warner Bros Entertainment Italy, in uscita il 21 agosto 2013
Voto: 6 su 10
Ci sono tre tipologie di pubblico per questo genere di film: la prima, formata soprattutto da teenager a digiuno di classici, cerca spaventi a raffica ed emozioni forti; la seconda, di appassionati, vorrebbe tornare a spaventarsi e ad emozionarsi come quando si andava al cinema, più di trent’anni fa, a vedere Poltergeist e L’esorcista; la terza, prevalentemente di cinefili, si diverte a fare le pulci a film che, ormai, non hanno più nulla di nuovo da proporre e che intavolano solo ghiotti omaggi (chiamiamoli così) a più celebri opere del passato. L’evocazione – The Conjuring farà la felicità del primo gruppo, scontenterà il secondo e manderà in visibilio il terzo.
New England, anni ’70. Roger e Carolyn Perron (Livingston e Taylor) si sono da poco trasferiti in una fattoria con le loro cinque figlie. Strani accadimenti e misteriose apparizioni terrorizzano la famiglia, che si trova così costretta a ricorrere all’aiuto dei coniugi Warren (Wilson e Farmiga), due famosi investigatori dell’occulto. La casa, teatro di morti atroci nelle decadi passate, è infestata da un demone maligno, intenzionato a colpire le bambine per mezzo di Carolyn…
Al regista James Wan, già padre della saga torture-porn di Saw e nuovo esponente dell’horror casalingo dopo il successo strepitoso di Insidious, non manca né la tecnica, invero assai attenta e curata nel dettaglio, né lo studio maniacale di tutti i più grandi classici cinematografici del terrore che hanno fatto la storia del genere, tanto che sembra volercelo ricordare a ogni inquadratura, passando senza sosta da una citazione di Hitchcock a una di Tobe Hooper.
Spiace, d’altro canto, che tali mezzi vengano spiegati con una furbizia e, paradossalmente, con una ingenuità, a tratti disarmante: se The Conjuring si lascia seguire con piacere, tra porte che si aprono da sole, orologi fermi sempre alla stessa ora e improvvisi battiti di mani (vincente l’idea di utilizzare il gioco della mosca cieca per generare suspense), è solo per l’affetto che si prova per un intrattenimento nostalgico, riproposto da Wan con scrupolo estetico e filologico inappuntabile, considerando anche che la storia è ispirata a fatti reali e che i Warren furono i paragnosti coinvolti nel caso di Amityville.
Tutto il resto, infatti, è solo un desolante minestrone di apparizioni fantasmatiche, possessioni, esorcismi e pupazzi ghignanti, messo insieme con poca coerenza narrativa, spreco di inutili sottotesti, puntualmente abbandonati al nulla, e abbondanza di spaventi prefabbricati (complici musiche e montaggio).
La professionalità della confezione e la qualità degli interpreti, cosa non comune negli horror, sono due punti a favore di una operazione scopertamente programmatica, derivativa e moderatamente spettacolare, incapace di risolversi in qualcosa che esca fuori da binari già abbondantemente solcati (esattamente come il precedente Insidious). A conti fatti, la vera ‘congiura’ è ai danni, se non del pubblico (che probabilmente si divertirà), almeno di un genere che ha bisogno di sceneggiatori abili e intelligenti per poter sopravvivere.
Giuseppe D’Errico
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