“La vedova Winchester”, un film di Michael e Peter Spierig, la recensione

La vedova Winchester (Winchester, Australia/Usa, 2018) di Michael Spierig e Peter Spierig con Helen Mirren, Jason Clarke, Sarah Snook, Angus Sampson, Finn Scicluna-O’Prey, Eamon Farren, Laura Brent

Sceneggiatura di Tom Vaughan, Michael Spierig e Peter Spierig

Horror, 1h 40′, Eagle Pictures, in uscita il 22 febbraio 2018

Voto: 6 su 10

Fluida ed elegante, Helen Mirren percorre altera le stanze della labirintica dimora vittoriana, in un tempestoso frusciare di veli e stoffe. Il suo sguardo sofferente e fiero ci restituisce al meglio la figura di Sarah Pardee, vedova del magnate delle armi William Winchester, che nel 1884 rilevò una piccola fattoria a San Jose, in California, per trasformarla in una villa di sette piani e cinquecento stanze: la Winchester House, oggi nota come la casa più infestata di tutti i tempi.

54508Dopo quel surreale e irreale viaggio temporale che è stato Predestination, i fratelli Michael e Peter Spierig si concedono una pellicola basata su una storia realmente accaduta, abbandonando la volontà di stupire ad oltranza per concentrarsi su una regia vecchio stile, dove la suspense è giocata soprattutto su un’inquietante attesa fatta di suoni sinistri, atmosfere tetre e illusioni visive. Sarebbe riduttivo catalogare La vedova Winchester nel genere horror, lo si potrebbe definire piuttosto un thriller soprannaturale, i cui risvolti legati alla sorte personale di una famiglia realmente esistita avevano affascinato anche Stephen King, che vi si ispirò per la sceneggiatura della miniserie televisiva Rose Red, realizzata nel 2002.

Scritto da Tom Vaughan, il plot ruota attorno al profondo senso di colpa che affligge Sarah, tormentata dalla natura della sua immensa ricchezza, generata dalla vendita della carabina Winchester che aveva provocato, nel tempo, una enorme quantità di vittime. Dopo aver perso prematuramente il marito e la piccolissima figlia, la donna si convinse che una maledizione ultraterrena si fosse abbattuta, come punizione, sulla sua parentela più stretta. Per cercare di placare i vendicativi defunti, la vedova inizia ad ideare e a costruire ininterrottamente una serie di stanze che dovevano servire da ponte per traghettare queste anime vaganti verso la Pace. Considerata pazza dai membri del consiglio d’amministrazione della fabbrica di fucili, viene sottoposta ad una perizia psichiatrica da parte del dottor Price (Jason Clarke), che arriverà a mettere in discussione le proprie convinzioni inflessibilmente agnostiche.

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Sullo sfondo ma, allo stesso tempo, in primo piano, troneggia l’imponente magione ricostruita fedelmente all’originale e caratterizzata da un’architettura priva di logica, con porte che si aprono sul pavimento e scale che terminano su soffitti chiusi, in un artificio spaziale quasi precursore di quello che si ammirerà nelle opere di René Magritte. Una superficie tanto vasta quanto angusta, resa tale dall’ottimo lavoro del direttore della fotografia Ben Nott, che con tonalità vivide e luci soffuse non lascia evasione dal pensare all’eventualità che, in effetti, non porre attenzione a ciò che si fa agli altri potrebbe comportare un dover, poi, renderne conto in seguito.

Il film, con onestà, racconta la soluzione per sopravvivere escogitata da una coscienza che non si rassegna a quanto di nocivo ha prodotto la sua fortuna, tanto che Sarah cercherà di reindirizzare la sua industria verso la produzione dei pattini a rotelle. La vedova Winchester non presenta particolari trovate orrorifiche e, probabilmente, non diventerà una pietra miliare del genere, ma Helen Mirren ha la rara capacità di trasformare in oro tutto ciò che tocca.

Per tanto, la magione vi aspetta. Prima però procuratevi 13 chiodi.

Lidia Cascavilla

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