La regola del silenzio (The Company You Keep, Usa, 2012) di Robert Redford con Robert Redford, Shia La Beouf, Susan sarandon, Julie Christie, Nick Nolte, Richard Jenkins, Brendan Gleeson, Brit Marling, Terrence Howard, Sam Elliott, Anna Kendrick, Chris Cooper, Stanley Tucci
Sceneggiatura di Lem Dobbs, dal romanzo “The Company You Keep” di Neil Gordon
Thriller, 1h 57′, Rai Cinema/01 Distribuzione, in uscita il 20 dicembre 2012
Voto: 6 su 10
Presentato Fuori Concorso alla 69a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia
Difficile è sfuggire al proprio passato. Lo sa perfettamente Robert Redford che, alla sua nona prova registica, ritorna nei luoghi del grande thriller politico-cospirativo che, anni orsono, lo consacrò a eroe liberal del cinema americano impegnato. Ahinoi, i tempi del Condor di Pollack e dell’indagine sul Watergate di Pakula sono lontani, nella buona e nella cattiva sorte.
Dopo l’arresto improvviso di una donna (Susan Sarandon), accusata di complicità in un omicidio a sfondo sociale avvenuto negli anni ’70, la vita di Jim Grant (Redford), amorevole padre single e avvocato in un sobborgo di Albany, cambia radicalmente: l’uomo, in realtà, è Nick Sloan, ex pacifista radicale ai tempi della guerra in Vietnam e militante di Weather Underground, vissuto in latitanza per oltre vent’anni e accusato, come altri suoi compagni di lotta, di quello stesso omicidio. Un reporter d’assalto (Shia LaBeouf) svela la sua vera identità e, improvvisamente, inizia nello stato una frenetica caccia all’uomo.
Partendo da un best seller di Neil Gordon, Redford porta sullo schermo i fantasmi di una nazione in costante stato d’allarme e, al contempo, di un cinema in grado di unire la denuncia all’intrattenimento; nel farlo, chiama con sé uno stuolo di star democratiche da capogiro (Susan Sarandon, Nick Nolte, Julie Christie…) e si chiama per primo a ricoprire il ruolo dell’eroe braccato alla ricerca dell’espiazione per un trascorso irrisolto.
Tuttavia, La regola del silenzio appare uno sbiadito esercizio di nostalgia cinefila per un genere da tempo incapace di rinnovarsi: i segreti dal passato, la corsa rocambolesca contro il tempo, il giornalista in erba alla ricerca dello scoop, vecchie amanti e persino figli persi e ritrovati, sono tutti elementi che contribuiscono a rendere il film stantio e risaputo, oltre ad accentuare una affatto vana sensazione da “museo delle cere” (data l’età anagrafica degli interpreti) che svilisce una sceneggiatura di per sé poco credibile.
Il risultato è un compendio di gloriose eco spionistiche che, poco armoniosamente, si inseriscono in un racconto affollato di volti e situazioni ma, non per questo, privo della giusta suspense. Certo, la verbosità dei dialoghi non aiuta e la durata si fa sentire, ma è pur sempre un’araba fenice che merita rispetto, un cinema agée che ci ricorda ‘come eravamo’ e ci mostra come siamo diventati.
Giuseppe D’Errico
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