“La frode”, soap opera finanziaria di lusso con un magnifico Gere

La frode (Arbitrage, Usa, 2012) di Nicholas Jarecki con Richard Gere, Susan Sarandon, Brit Marling, Tim Roth, Laetitia Casta, William Friedkin

Sceneggiatura di Nicholas Jarecki

Thriller, 1h 47’, M2 Pictures, in uscita il 14 marzo 2013

Voto: 6 su 10

Se c’è un merito (ci si passi il termine) da riconoscere alla recente crisi economica, è quello di aver portato sotto le luci cinematografiche non tanto un genere specifico, il dramma esistenziale sulle cause e le ripercussioni del tracollo, che anzi ha dato in passato frutti ben più originali (basti pensare semplicemente a perle come Paper Moon di Bogdanovich o a Non si uccidono così anche i cavalli? di Pollack) di questo melodrammatico thriller dell’esordiente Jarecki, quanto piuttosto una folta schiera di vincitori e vinti finanziari, di personaggi emblematici dell’era economica, di giganti che schiacciano i pastorelli in nome del denaro e del potere.

lafrodeposterRobert Miller (Richard Gere) è un influente uomo d’affari dall’invidiata vita privata: ha una moglie (Susan Sarandon) che lo ama, una brillante figlia (Brit Marling) e futura erede del suo impero, tanti nipoti e un’apparente serenità. Dietro la pace, infatti, si nasconde una frode, da lui perpetrata ai danni della società di famiglia, che rischia di mandare a rotoli tutto il suo dominio. In più, la sua amante Julie (Laetitia Casta) resta uccisa in un incidente d’auto dal quale Robert fugge per non creare ripercussioni sulla sua famiglia. Sarà l’errore che darà seguito a un vero incubo…

Scritto e diretto dal ventiquattrenne Nicholas Jarecki, La frode è un film di assoluto ma altrettanto anonimo professionismo, una lussuosa soap opera che mischia abilmente alta finanza e fandonie poliziesche, scrupoli morali e smanie amorali.

L’eccellente interpretazione di un Gere in grande spolvero riesce sorprendentemente a munire di umanità e debolezze un personaggio di tycoon di per sé ripugnante, in uno script, invero, assai banale e derivativo (non poche le assonanze con il celebre best seller di Tom Wolfe Il falò delle vanità, da cui Brian De Palma trasse il film omonimo), con dilemmi più adatti al piccolo che al grande schermo.

richard-gere-in-arbitrageLa macchina spettacolare però funziona egregiamente, forse più per la squadra attoriale in campo (una Sarandon maestosa) che non per particolari graffi d’ingegno. Altissima routine di consumo.

Giuseppe D’Errico

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