“La battaglia di Hacksaw Ridge”, un film di Mel Gibson, la recensione

La battaglia di Hacksaw Ridge (Hacksaw Ridge, Usa, 2016) di Mel Gibson con Andrew Garfield, Sam Worthington, Luke Bracey, Vince Vaughn, Teresa Palmer, Rachel Griffiths, Hugo Weaving, Richard Roxburgh, Luke Pegler

Sceneggiatura di Andrew Knight, Robert Schenkkan

Guerra, 2h 11’, Eagle Pictures, in uscita il 2 febbraio 2017

Voto: 6 su 10

Dopo quasi dieci anni dal suo ultimo film come regista (Apocalypto era del 2006), Mel Gibson ritorna dietro alla macchina da presa, cercando una possibile redenzione artistica dopo alcune partecipazioni particolarmente deludenti come attore e, soprattutto, a seguito delle tante infelici uscite pubbliche in cui si è reso protagonista in veste di ubriacone, omofobo, razzista, violento e cafone. Ma, si sa, Hollywood è terra dorata che tutto perdona, sicché La battaglia di Hacksaw Ridge si trova a concorrere per ben sei premi Oscar, compreso miglior film e miglior regia.

53449La storia è di quelle che solo un buon fanatico religioso poteva esaltare in gloria sullo schermo: fiato alle trombe, si dia inizio a ondate di retorica e a fiumi di enfasi per l’illustrazione delle gesta nobili di Desmond Doss (Garfield), obiettore di coscienza che rifiutava l’uso delle armi durante la Seconda Guerra Mondiale, passato alla storia per essersi guadagnato una medaglia d’onore al valore, nonostante si fosse rifiutato di uccidere e di armarsi per tutto il conflitto. Durante la battaglia di Okinawa, con le sole proprie forze, salvò la vita a 75 dei suoi compagni.

Nonostante la vera biografia di Doss sia talmente incredibile da sembrare già un film bell’e pronto per il grande pubblico, la sceneggiatura degli inesperti Andrew Knight e Robert Schenkkan non gli rende un buon servigio: divisa in tre blocchi narrativi ben distinti (innamoramento, addestramento, campo di battaglia), la scrittura soffre prolissità e una dose fastidiosa di stucchevolezze vanamente ironiche. Il meglio è tutto nelle agghiaccianti sequenze belliche, in cui Gibson ha modo di appagare la sua proverbiale indole sanguinaria. Certamente il regista non è a conoscenza dell’eleganza del sottotesto, né è mai stato un maestro di tatto, eppure l’efferatezza dell’eccidio pare una rappresentazione non solo sensata ma anche indispensabile per accertare la sincerità di uno spirito radicale, che non arretra di fronte a nulla in nome del suo credo.

A venirne fuori è il ritratto di un’anima buona, animata da profonde contraddizioni ma incoraggiata unicamente dalla propria fede; a dare volto a Doss è un credibile e indefesso Andrew Garfield. Al di là di una vicenda personale divenuta leggenda americana che vale la pena conoscere, però, un film come La battaglia di Hacksaw Ridge, coi suoi toni tromboneggianti ed enfatici, non apporta grande lustro alla storia del cinema: rivedere il dittico di Clint Eastwood Flags of our fathers e Letters from Iwo Jima per capire il rigore e il pudore che passa tra queste affini eppur distantissime concezioni cinematografiche.

Giuseppe D’Errico

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