“It – Capitolo Uno”, un film di Andrés Muschietti, la recensione

It – Capitolo Uno (It: Chapter One, Usa, 2017) di Andrés Muschietti con Bill Skarsgård, Chosen Jacobs, Elizabeth Saunders, Finn Wolfhard, Geoffrey Pounsett, Jack Grazer, Jackson Robert Scott, Jaeden Lieberher, Jake Sim, Jeremy Ray Taylor, Logan Thompson, Molly Atkinson, Nicholas Hamilton, Owen Teague, Pip Dwyer, Sophia Lillis, Stephen Bogaert, Steven Williams, Stuart Hughes, Wyatt Oleff

Sceneggiatura di Cary Fukunaga, Chase Palmer, Gary Dauberman dal romanzo omonimo di Stephen King 

Horror, 2h 15′, Warner Bros. Pictures Italia, in uscita il 19 ottobre 2017

Voto: 8 su 10

Ci sono voluti trent’anni per portare It al cinema, forse perché il ricordo della inutilmente bistrattata miniserie diretta da Tommy Lee Wallace nel 1990, invero tra le più belle ed epocali produzioni televisive di sempre, non ha mai ceduto all’oblio e ha contribuito, negli anni, a consacrare il pagliaccio assassino magistralmente interpretato da Tim Curry come uno dei personaggi horror più terrificanti per intere generazioni di spettatori. Alla base, come noto, c’è il capolavoro letterario di Stephen King del 1986, una summa dei temi cardine dell’autore del Maine che, in una narrazione fluviale, celebra il potere della memoria e la forza del gruppo, contro la violenza occultata dal perbenismo di una piccola cittadina di provincia; la materializzazione dell’odio che esplode a Derry è il clown danzante Pennywise che, ciclicamente, ritorna a nutrirsi delle paure dei ragazzini del luogo, seminando terrore e morte.

it_notiziaSulla scia del rinascimento del genere fanta-horror e di una rinnovata nostalgia per la cinematografia degli anni Ottanta che non sembra conoscere freni, specie dopo il successo planetario della serie sci-fi di Netflix Stranger Things, anche la riproposta cinematografica di un mito di fine secolo scorso come It trova la sua giustificazione; non è un caso, infatti, che il racconto originario subisca uno slittamento temporale che dal 1957 passa al 1987, e che nelle camerette dei giovani protagonisti campeggino trionfanti i poster di Gremlins e Beetlejuice, due film che sapevano coniugare allegramente lo spavento con il sorriso. Ed è agli adolescenti degli anni Ottanta che stirzza l’occhio la sceneggiatura di Cary Fukunaga (True Detective) e soci, a tutto quel pubblico pronto a rimisurarsi con la fifa nera che si è provata a quell’età nel vedere un bambino che si lascia attrarre da un palloncino in una conduttura fognaria, ma che vuole anche appassionarsi a un’avventura fantastica in stile Goonies.

L’argentino Andrés Muschietti, che viene dalla factory di Guillermo del Toro (qui in veste di produttore), è stato chiamato a riprodurre in stile e atmosfere quella irripetibile stagione per il genere, col tentativo di renderla appetibile non solo ai ragazzini di ieri ma anche ai loro coetanei di oggi, completamente digiuni di storie che non conteplino telefonini e nuovi media: il regista ne esce in maniera egregia, sebbene la pagina kinghiana venga inevitabilmente tradita nei fatti; lo spirito, però, è rispettato nel malessere dei piccoli protagonisti che provengono da classi sociali differenti (il personaggio di Beverly Marsh, così come nel romanzo, è senza dubbio il più complesso e interessante) e nella cappa di torpore morale che soffoca gli abitanti di Derry. Il risultato soffre forse qualche lungaggine e un debito innopportuno verso gli stilemi dell’horror nipponico, ma è mirabile per approccio alla materia, leggerezza e senso dello spettacolo, con almeno un paio di sequenze davvero straordinarie che, più che a Spielberg, ci riportano al rosso kubrickiano di Shining, altra trasposizione tradita da un romanzo di King.

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Il fine ultimo di un film come It, in ogni caso, è quello di fare paura e, anche in quest’ottica, l’operazione può dirsi abilmente riuscita perchè, fatti salvi i classici scream jump d’ordinanza, l’intera narrazione scorre sul filo di una tensione palpabile, che deflagra nelle apparizioni sempre più inquietanti di Pennywise: è lui l’anima di tutte le nostre angosce e, per l’occasione, può sfoggiare un look tutto nuovo e un attore, lo svedese Bill Skarsgård, di nobile genìa artistica ma senza il piglio sardonico realmente da incubo di Tim Curry e con un’immediatezza orrorifica che rinuncia all’aspetto innocente e fanciullesco del clown. Rispetto alla miniserie e all’oroginale letterario, il film di Muschietti perde anche l’intrigo tra passato e presente dei protagonisti, preferendo rifondare l’intero assetto narrativo secondo una linearità cronologica che vede, in questo che a tutti gli effetti diventa un primo capitolo, la “banda dei perdenti” solo nella sua versione adolescenziale, mentre dovremo aspettare la seconda parte (prevista per il 2019) per ritrovare i personaggi ormai adulti pronti allo scontro finale. Per ora, It è un teen horror coi fiocchi, interamente dedicato alle insicurezze, alle preoccupazioni e alle frustrazioni che generano mostri nella mente dei dodicenni, alla ricerca di un corpo perduto tra le rotaie o nelle fogne, fintamente padroni del loro destino ma ancora incapaci di affacciarsi al mondo degli adulti. Era Stand by me. È It.

Giuseppe D’Errico

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