Interstellar (id, Usa, 2014) di Christopher Nolan con Matthew McConaughey, Anne Hathaway, Jessica Chastain, Michael Caine, Matt Damon, Wes Bentley, Casey Affleck, Topher Grace, Mackenzie Foy, Ellen Burstyn, John Lithgow, David Oyelowo, William Devane, Timothee Chalamet, Marlon Sanders, Bill Irwin, Josh Stewart, Elyes Gabel
Sceneggiatura di Christopher Nolan e Johnathan Nolan
Fantascienza, 2h 48′, Warner Bros. Entertainment Italia, in uscita il 6 novembre 2014
Voto: 7 su 10
Non funziona come dovrebbe Interstellar, l’ultimo fatidico film di Christopher Nolan, atteso al varco dopo la trilogia del Cavaliere Oscuro e i labirinti onirici di Inception. Scritto ancora una volta in coppia col fratello Johnathan, con la consulenza del fisico teorico Kip Thorne (specializzato in gravitazione e astrofisica, nonché uno dei massimi esperti di relatività al mondo), il film si ispirerebbe dichiaratamente alla grande fantascienza umanista di Kubrick e Tarkovskij, inserita però nell’avventura spaziale declinata al sentimentalismo famigliare alla maniera di Spielberg e del memorabile Incontri ravvicinati del III tipo. Sono tutti, però, modelli inarrivabili di un’opera che dimostra quanto il regista, mai come in questo caso, sia vittima di sé stesso e delle sue spropositate ambizioni.
Nolan parte da un futuro non troppo lontano a noi, da un padre (McConaughey) che accetta di intraprendere un viaggio intergalattico per il bene comune, da un mondo che si sta arrendendo agli sconvolgimenti climatici, da un “whormhole” in grado di aprire le porte a dimensioni sconosciute, da una figlia (Foy, poi Chastain) che aspetta risposte. Premesse interessanti e ben esposte che, troppo presto e con troppa disinvoltura, vengono soppiantate da una sequela di barbose spiegazioni fisico-quantistiche, un armamentario tra il filosofico e lo scientifico talmente specifico da scoraggiare anche lo spettatore meglio disposto al genere. Il regista inglese dimostra nuovamente di essere un narratore geniale, il che non significa essere anche un buon narratore: la trama cervellotica, a spasso nei meandri più reconditi dello spazio-tempo, è ormai una consuetudine e denuncia una predisposizione fastidiosa al lambicco, alla seriosità, alla fisima, dimostrandosi inadatta a conciliare il versante teorico del racconto con quello emozionale, legato al rapporto padre e figlia. Il risultato di questa forzata simbiosi è l’elaborato quanto discutibile finale, degno della fascinazione di un quadro di Escher esposto in un asilo nido. Tante le cadute di tono, i dialoghi non sempre all’altezza, col rischio piagnisteo sempre dietro l’angolo.
L’ambizione è materiale onorevole ma fragile e se crolla sotto il suo stesso peso, almeno bisogna contenerne i cocci: Interstellar, in questo, può considerarsi un’opera vincente. A dispetto di una storia che spesso perde la bussola in un buco nero di senso e logica (e di retorica), c’è una macchina spettacolare in grado di far spalancare ancora gli occhi alla meraviglia. Il catalogo di suggestioni filmiche è vasto (dagli ovvi 2001 e Solaris ai meno scontati Cocoon e The Abyss, fino al recente Gravity, forse il termine di paragone più nocivo), ma Nolan chiarisce, senza mezzi termini, di essere in grado di creare pagine di cinema immaginifico e vibrante, avvalorando ulteriormente il rimpianto per un possibile capolavoro mancato. In ogni caso, il film è uno degli appuntamenti imperdibili di questa stagione cinematografica, per l’importanza del progetto, per il peso delle tematiche proposte, per una squadra di lavoro ammirevole (Hoyte Van Hoytema firma una fotografia “opaca” di straniante effetto estetico, Hans Zimmer compone uno score che evoca brividi gobliniani) e per il cast capitanato dall’infallibile McConaughey. Non ultimo, per dar credito a un regista che almeno ci prova a gettare il cuore oltre l’ostacolo, ogni volta.
Giuseppe D’Errico
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