“Il passato”, sceneggiatura magistrale, un film che non perdona

Il passato (Le passé, Francia, 2013) di Asghar Farhadi, con Bérénice Bejo, Tahar Rahim, Ali Mosaffa, Pauline Burlet, Elyes Aguis, Jeanne Jestin, Sabrina Ouazani, Babak Karimi, Valeria Cavalli

Sceneggiatura di Asghar Farhadi

Drammatico, 2h 13′, BiM Distribuzione, in uscita il 21 novembre 2013

Voto: 9 su 10

Presentato con un successo inferiore ai suoi reali meriti all’ultimo Festival di Cannes, dove ha comunque agguantato la Palma per la migliore attrice a Bérénice Bejo, Il passato è la naturale prosecuzione di Una separazione, abbagliante opera seconda dell’iraniano Asghar Farhadi (la prima è About Elly), premiata anche con l’Oscar: lì, una moglie cercava in tutti i modi di allontanarsi dal marito e dalla propria terra, qui una coppia divorzia, ma con conseguenze dolorose.

il-passato-posterIn una Parigi tutt’altro che amorevole, Marie (Bejo) ospita in casa il marito Ahmad (Mosaffa), appena tornato da Teheran, dopo una separazione durata quattro anni, per firmare le carte del divorzio. L’uomo, che credeva di dover alloggiare in albergo, non sa che i rapporti tra Marie e Lucie (Burlet), figlia maggiore avuta da un precedente matrimonio, si sono logorati a causa della nuova unione della madre con Samir (Rahim), anche lui in casa insieme al figlioletto Fouad (Aguis). La donna vorrebbe che l’ormai ex marito intercedesse sulla figliastra per sedare le tensioni: Samir, infatti, sarebbe colpevole del tentato suicidio della moglie, sconvolta dal tradimento del marito con Marie e ora ridotta in uno stato di coma vegetativo.

E questa non è che una minima parte del dramma famigliare imbastito dal regista, un vortice ineccepibile di dubbi e indizi pazientemente sciolti solo per crearne di ulteriori. Un interrogativo continuo di chi è cosa, una matassa inestricabile di conseguenze disastrose che porta a riflettere sull’oggetto e sulla causa delle azioni umane, in un film psicologicamente vibrante, sorretto da una sceneggiatura assolutamente magistrale, da una regia di raro intimismo e da una direzione d’attori da urlo. Kazan e Hitchcock ne sarebbero entusiasti.

Egoismi e atrocità tutte umane, con gli adulti annebbiati dall’incedere degli eventi e da un turbinio di piccole e grandi menzogne, angosce, segreti, mezze verità: chi è causa del suo mal pianga sé stesso, e non solo. Il senso di un passato che non ci abbandona ha mille riverberi possibili sulle vite degli altri. Un film magnifico, potente, che non perdona.

Giuseppe D’Errico

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