“Il matrimonio che vorrei”, la commedia senile cambia volto

Il matrimonio che vorrei (Hope Springs, 2012, Usa) di David Frankel con Meryl Streep, Tommy Lee Jones, Steve Carell, Elisabeth Shue, Mimi Rogers, Jean Smart, Marin Ireland.

Sceneggiatura di Vanessa Taylor.

Commedia, 1h 40’, BiM Distribuzione/Columbia/MGM. In uscita il 18 ottobre 2012.

Voto: 7 su 10

Nella non foltissima schiera di film che si sono occupati di sesso e sentimenti in età matura (tra i più recenti, Tutto può succedere di Nancy Meyers e Una soluzione razionale di Jörgen Bergmark), solo in rarissimi casi si è arrivati a porre al centro del discorso l’insormontabile distanza di coppia, specie nell’intimità, dopo decadi di sonnolenta e abitudinaria vita matrimoniale. Lo fa, invece, il nuovo film di David Frankel che, per l’occasione, ritrova Meryl Streep a 6 anni dall’indimenticabile, malefica Miranda Priestly de Il diavolo veste Prada.

Kay (Streep) e Arnold (Tommy Lee Jones) sono sposati da più di trent’anni e, all’apparenza, nulla sembra scalfire la metodica quotidiana di un’unione solidissima. Invero, lui al talamo preferisce il golf in tv e lei mal sopporta la sconfitta degli amorosi sensi, tanto da ricorrere a uno specialista sessuologo (Steve Carell) nel Maine. Il marito, burbero e tirchio, cede con fatica alla terapia; la moglie, curiosa e piena di speranze, si applica di buon grado: scoccherà nuovamente la scintilla della passione?

Il film, con garbo e delicatezza, celebra il disperso desiderio di coppia che, con caparbietà e una buona dose di rischio e pericolo, può essere ritrovato col semplice affetto del gesto. Sorrisi e carezze sono l’anticamera di una salutare gioia coniugale, quando mancano è inevitabile che la coppia scoppi.

La sceneggiatura di Vanessa Taylor riesce a descrivere con realismo una crisi in cui molti spettatori non faranno fatica a ritrovarsi, giacché l’inconveniente sessuale nei matrimoni di lunga data è cosa nota; con grande equilibrio, la narrazione scorre lieve tra il buffo e il (melo)drammatico, anche grazie a una regia minimale che bene riesce ad assecondare timori e livori della storia senza mai ridurla in farsa attempata.

Sarebbe ingiusto, tuttavia, non considerare prima di tutto un fenomenale film d’attori: la dolcissima Meryl Streep e il roccioso Tommy Lee Jones sono un autentico spettacolo di naturalezza e credibilità anche nelle situazioni meno “nobili”; che ci si ritrovi seduti su un sofà a snocciolare fantasie nascoste o rintanati in bagno in compagnia di un casco di banane, entrambi infondono ai propri ruoli l’integrità e l’umanità tali da renderli assolutamente adorabili e, da autentici mattatori della scena, assicurano alcuni momenti di gustoso spirito dissacrante.
Probabilmente, il risultato sarebbe stato ben diverso (e ben più stucchevole) se interpreti e regia non avessero lavorato così di misura.

Giuseppe D’Errico

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