
Il fondamentalista riluttante (The Reluctant Fundamentalist, Usa, 2012) di Mira Nair con Riz Ahmed, Kate Hudson, Liev Schreiber, Kiefer Sutherland, Martin Donovan, Om Puri, Nelsan Ellis, Shabana Azmi, Victor Slezak
Sceneggiatura di William Wheeler, dal romanzo “Il fondamentalista riluttante” di Mohsin Hamid (ed. Einaudi)
Drammatico, 2h 08’, Eagle Pictures, in uscita il 13 giugno 2013
Voto D’Errico: 7 su 10
Voto Ozza: 7 su 10
Fuori Concorso alla 69a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia
Le apparenze possono essere ingannevoli. Sullo scarto tra pregiudizio e tolleranza si sviluppa l’ultimo film della regista indiana Mira Nair, presentato fuori concorso come evento d’apertura dello scorso Festival del cinema di Venezia e solo ora in arrivo in sala.
In una lunga intervista a un giornalista americano (Liev Schreiber) in trasferta nella tumultuosa Lahore, il leader studentesco pakistano Changez Khan (Riz Ahmed) ripercorre la sua storia: dopo un brillante percorso di studi newyorkese, entra nelle grazie del suo mentore Jim Cross (Kiefer Sutherland), che lo promuove ad analista finanziario a Wall Street. Dopo l’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, Changez si ritroverà ad essere guardato con sospetto e diffidenza: cadrà in una profonda crisi esistenziale che lo porterà a mettere in discussione il rapporto sentimentale con l’artista Erica (Kate Hudson) e un futuro che, prima di allora, sembrava prestabilito.
Tratto dal romanzo omonimo di Moshin Hamid, il film della Nair (già laureata a Venezia proprio nel 2001 con Monsoon Wedding) mette in scena un interessante confronto tra culture troppo lontane ma incredibilmente vicine, fondate su comuni e rigidissimi fondamentalismi ma incapaci di dialogare tra loro.
Sostituendo all’originale monologo letterario la formula dell’intervista, la sceneggiatura dell’abile William Wheeler accentua lo scontro tra le parti e predilige le riflessioni morali, nell’ottica di un apologo pacifista (tutti hanno le loro ragioni) che possa sanare la distanza tra un mondo orgoglioso dei propri valori (quello islamico) e un popolo ferito al cuore e in preda alla paranoia dello straniero (quello americano).
L’indiana Nair, da par suo, si mantiene neutrale nelle posizioni, senza sacrificare le giuste tesi di un film dal solido impianto spettacolare che, in più punti, sembra però annacquare la forte portata sociale dei temi che propone.
L’importanza di alcuni dilemmi antropologici sollevati per mezzo del protagonista è però indubbia: la sua scalata al sogno americano, la conciliazione difficile con una terra piena di benessere e di demoni luttuosi (aspetto di cui si fa carico il personaggio cardine della Hudson, una donna complicata dai privilegi di cui gode, immersa in se stessa ma permeabile a ciò che la circonda fino allo sfruttamento), l’accidentato percorso di convivenza con lo straniero, il preconcetto che diventa avversione, porteranno Changez alla rincorsa di un differente sogno, stavolta pakistano, per poter riaffermare una propria identità.
Nonostante qualche schematismo di troppo e un finale dove le fila della riflessione si perdono nella concitazione generale, Il fondamentalista riluttante è un notevole melodramma morale in formato da thriller politico, ottimamente interpretato (con particolare merito a Riz Ahmed) e confezionato con assoluto professionismo per poter essere apprezzato, e pensato, a ogni latitudine.
Giuseppe D’Errico
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