“Il costruttore Solness” di Henrik Ibsen, uno spettacolo di Alessandro Serra, la recensione

IL COSTRUTTORE SOLNESS

di Henrik Ibsen
regia Alessandro Serra
con Umberto Orsini, Lucia Lavia e Renata Palminello, Pietro Micci, Chiara Degani, Salvatore Drago
e con Flavio Bonacci
produzione Compagnia Orsini e Teatro Stabile dell’Umbria

Andato in scena al teatro Duse di Bologna

Voto: 9 su 10

È stato definito il capolavoro della maturità di Ibsen e mette in scena la nemesi di un uomo che, pur avendo un grande successo nel suo lavoro, non è mai riuscito a essere felice e si trova, alla fine della sua carriera, combattuto tra sensi di colpa, pulsioni sessuali e conflitto con le nuove generazioni che rappresentano da una parte il desiderio e dall’altra il pericolo e l’inevitabile avvicendarsi del suo declino.

Il costruttore Solness, andato in scena al Teatro Duse di Bologna, firmato da Alessandro Serra, uno dei più interessanti registi della nuova scena nazionale, è un capolavoro non solo per la complessità del testo ma anche per il cast di altissimo livello, tra cui spiccano Umberto Orsini, uno degli ultimi grandi attori del teatro italiano, nei panni del protagonista e Lucia Lavia in quelli di Hilde, la giovane donna che appare nella sua vita per accompagnarlo dentro le più lugubri riflessioni sulla sua esistenza, fino al giudizio finale che somiglia molto a un’autocondanna.

Solness è un costruttore che vive con un grande senso di colpa: tutta al sua fortuna è costruita sulle ceneri della casa di famiglia della moglie e sulla morte dei suoi figli. La figura femminile è dominante nella narrazione di un personaggio circondato da donne con le quali instaura relazioni votate alla sottomissione, come avviene per la moglie sempre in scena come una sorta di fantasma, una donna alla quale è stata rubata la felicità e per la segretaria, amante alla quale non fa altro che promettere cose che non manterrà. L’unica donna alla quale si sottomette è Hilde la giovane ragazza che piomba dopo dieci anni nella sua vita a ricordargli la promessa fattale quando era ancora bambina

L’architettura è la grande protagonista dello spettacolo. Non solo per via del lavoro di Solness, grande architetto, ma proprio perché lo stesso Ibsen è un architetto della parola, in grado di edificare una storia nelle cui trame si nascondono demoni, principesse e oniriche apparizioni che fanno traballare le solide mura del testo a favore delle paure, delle angosce umane. Tutto ciò è reso alla perfezione dalla messa in scena di Serra, riuscito a far emergere anche visivamente i tormenti interiori dei personaggi. La messa in scena è composta di grandi pannelli grigi, plumbei che, secondo le esigenze, si ampliano e si restringono catturando più di una volta i protagonisti quasi come fossero in gabbia. Questa collocazione ha un altro vantaggio: estrapolare il racconto dallo spazio e dal tempo permettendo così, anche con il taglio delle luci, di catturare ancora meglio i risvolti psicologici.

Umberto Orsini interpreta magnificamente quest’uomo che ha paura di invecchiare e ha paura delle nuove generazioni: se da una parte è attratto e sedotto dalla giovinezza femminile, dall’altra nutre profonda animosità verso coloro che più giovani e con nuove idee possono rubargli il posto di dominio e potere conquistato nel tempo. “È da moltissimo tempo che nutro per Solness un interesse vivissimo – dichiara l’attore – Paradossalmente le ragioni di questa passione stanno nella consapevolezza delle difficoltà che questo capolavoro di Ibsen può creare a chi osasse metterlo in scena. È la storia di tanti assassinii. Giovani che uccidono i vecchi spingendoli ad essere giovani e vecchi che uccidono se stessi nel tentativo di raggiungere l’impossibile ardore giovanile”.

Amelia Di Pietro

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.