Bruce Springsteen dice che, ogni volta, sale sul palco come se fosse l’ultima dando vita a performance indimenticabili e che sono passate alla storia. I Muse sembrano accogliere la stessa filosofia del grande Boss, e salgono sul palco dell’Olimpico di Roma più carichi che mai. Non è un caso, la maggior parte dei premi che Bellamy e compagni hanno vinto sono dovuti alle loro performance dal vivo.
L’Unsustainable Tour colloca il rock dei Muse negli stadi europei (non per la prima volta), segno che ormai da tempo hanno raggiunto un successo planetario e regalano all’Italia tre bellissime date (28 e 29 giugno all’Olimpico di Torino e 6 luglio all’Olimpico di Roma). Non è un segreto che i Muse guardino al bel paese con un occhio di riguardo: l’italia li ha infatti ospitati per molto tempo, precisamente sul Lago di Como, dove era situato uno dei loro studi di registrazione, all’interno del quale ha preso vita il loro quinto album: The Resistance (mentre Black Holes and Revelation fu registrato in parte a Milano).
Di strada ne hanno fatta, sia loro che il loro sound, quest’ultimo si colloca ormai ben lontano dal rock sinfonico che contraddistingue la band da sempre, ma si evolve verso un synth pop e una certa venatura funky (Panic Station, Survival): evoluzione non apprezzata da coloro che, al contrario, individuano Origyn of Symmetry come migliore album del gruppo.
Tuttavia, l’evento rock dell’estate lascia più che soddisfatti i fan italiani: il trio di Teignmouth ha infatti scelto la data di Roma come scenario per la registrazione del nuovo DVD, come annunciato poco prima dell’inizio del concerto, galvanizzando ancora di più il pubblico in trepida attesa.
Si evince che i Muse hanno voluto fare le cose in grande, dalla scenografia maestosa che offre al pubblico un enorme palco che si trova a sorreggere sei “ciminiere” sputa-fuoco (un omaggio ai Pink Floyd?), dal pallone aerostatico che aleggia sopra il parterre durante la fase “romance” del concerto e dal robot che si muove ai piedi dello stage.
Non c’è tempo per le presentazioni o le introduzioni, la partenza è esplosiva con “Supremacy” (il brano di apertura per tutta la durata del tour) e i suoi potenti riff accompagnati da potenti lingue di fuoco che illuminano il cielo romano; viene poi “Panic Station” che con il suo potente funky fa ballare più di 60.000 persone nello stesso tempo, compresi Papa Francesco, Obama e la Merkel che appaiono sui mega schermi come simpatiche caricature intente a ballare allegramente su un importante pista da ballo: la Terra; “Plug in Baby” viene suonata all’inizio e imprime una carica pazzesca a tutto lo stadio con i potentissimi giri di chitarra di Bellamy.
Non sono mai state un segreto le idee politiche di Matthew Bellamy, compositore della maggior parte delle canzoni, e anche in “The 2nd Law” non mancano riferimenti alla crisi economica mondiale e alla crisi ambientale. Tali ideologie vengono rispecchiate alla perfezione nella scenografia: su “Animals” vediamo un ricco banchiere intento a lanciare follemente banconote da “20 Muso” (euro in formato Muse), sparate sul pubblico dallo spara coriandoli, per poi cadere sul palco in fin di vita.
E ancora, su “Feeling Good” vediamo un’affascinante broker atteggiarsi in modo provocante con una pompa della benzina, fino a spingersi troppo oltre, e bere direttamente la benzina dal bocchettone. La scenografia è prettamente simbolica e leggendo fra le righe non si possono non cogliere gli ovvi riferimenti al momento che il mondo sta vivendo in questo momento.
Chi si aspettava chicche come “Bliss”, “Sunburn” e “Dead Star” (sentite a Torino bis) è sicuramente rimasto deluso; sono presenti i soliti intro e outro, quindi abbiamo “Knight of Cydonia” introdotta dalla meravigliosa “Man with a Harmonica” di Ennio Morricone (piccole gioie italiane) e l’omaggio ai Rage Against The Machine (band molto cara a Bellamy) che vede “Freedom” come outro della trascinante “Stockolm Syndrom”.
Prima del momento “romance” una menzione speciale va a Exploreers, uno dei tanti momenti magici della serata, in cui lo stadio si è trasformato in un grande albero di natale composto da 60.000 piccole luci (si sono accesi cellulari e accendini all’unisono) e il risultato è stato veramente suggestivo.
Successivamente ai singoli Madness, per la quale il simpatico Matt si è munito di occhiali al led giocando con la telecamera, e Follow Me, preceduta dal Bellamy padre che urla “Questa è per mio figlio”, è la volta delle ballate. Si parte da Unintended poi Guiding Light per poi arrivare a Blackout e concludere con Undisclosed Desires: un emozionante crescendo. Qui la scenografia ha giocato un ruolo fondamentale: a partire da Unintended sulle teste del parterre aleggia un enorme pallone aerostatico a forma di lampadina, accompagnato da luci e coriandoli, appeso al quale troviamo volteggiando una ballerina, sospesa a mezz’aria. Il culmine giunge quando la ballerina va a sfiorare con le mani un Bellamy disteso sul palco a cantare suggellando una sorta di unione.
Arrivano gli encore con Unsustainable completamente strumentale che unisce il rock sinfonico a sonorità elettroniche; Supermassive Black Hole ormai diventata un must e la queeniana e olimpionica Survival. L’ultimo encore, e quindi l’atto finale, comincia con The 2nd Law: Isolated System che non vede il gruppo presente sul palco (il brano è strumentale) ma i mega schermi che passano le immagini di “World War Z” film a cui i Muse hanno prestato la colonna sonora. Penultima Uprising e anche qui politica a palate e infine Starlight. Una chiusura un po’ troppo deboluccia, Starlight è il brano che i fan dei Muse ormai non sopportano più, passata infinitamente alle radio e che i neofiti considerano la più bella e sicuramente più conosciuta e qui scatta l’indignazione dei Muser di vecchia data.
Tra i migliori momenti della serata rientrano:
1- I momenti in cui Bellamy si cimentava in un italiano poco probabile. Bravo, ha cercato di coinvolgere il pubblico più che poteva e gli italiani hanno apprezzato. Un performer formidabile.
2- Bellamy che si avvolge nel tricolore italiano.
3- Bellamy che distrugge (o quasi) la sua chitarra sbattendola contro un amplificatore: si, sei un vero rocker, lo sappiamo!
4- Dom in tutina su “Uprising”.
5- Chris in formissima che segue il compagno Bellamy sulla pedana e che esegue alla perfezione “Liquid State.”
6- La band che compare in fondo alla pedana, al centro del parterre, circondata da Muser.
Se volete essere sempre aggiornati e vedere le foto del concerto di Roma fate un salto sulla pagina Facebook “Muse – Olimpico Roma 2013”
Sabrina Scoma
Io e mia moglie possiamo dirlo: noi c’eravamo! E lo diciamo a tutti…lo diciamo a chi purtroppo non ha orecchie per sentire e occhi per vedere….
La recensione è perfetta….chi c’era rivive quei momenti alla perfezione.
Siamo tornati a casa con il sorriso stampato sul volto….con la consapevolezza che la musica è arte…e i MUSE SONO TRE VERI ARTISTI!
E poi KNIGHTS OF CYDONIA…..ho ancora i brividi addosso!
Ciao muser