I corpi estranei (Italia, 2013) di Mirko Locatelli, con Filippo Timi, Jaouher Brahim, Gabriel De Glaudi
Sceneggiatura di Giuditta Tarantelli, Mirko Locatelli
Drammatico, 1h 42′, Strani Film, in uscita il 3 aprile 2014
Voto: 7 su 10
VIII Festival Internazionale del Film di Roma – In Concorso
Bel titolo stratificato per un bel film italiano, in concorso al Festival di Roma e ingiustamente mal considerato, in attesa di avere una sua rivincita ora in sala (per quanto almeno la distribuzione limitata permetterà). Corpi estranei, come quelli che hanno minato l’organismo del piccolo Pietro, malato di tumore al cervello. Come quelli di un padre (Timi) e di un figlio giunti a Milano dalla periferia umbra in cerca di una speranza di guarigione. Come quelli di un uomo immerso in un microcosmo popolato di stranieri, arabi per la precisione, verso cui guarda con diffidenza e sospetto. In un ospedale, quel padre passerà i suoi giorni tra preghiere e incontri inaspettati, nell’attesa che qualcosa di bello accada.
Un piccolo grande film, questo di Marko Locatelli, regista tetraplegico alla sua seconda prova nel lungometraggio dopo l’apprezzato Il primo giorno d’inverno del 2008. Cinema di dignità e di pudore, che si riflette in un protagonista lontano dagli affetti per proteggere suo figlio, e in un adolescente algerino che veglia sul piccolo con discrezione così come farebbe con un suo caro. I corpi estranei non cede mai a facili ricatti, si limita alla cronaca di un dolore che fa a meno della spettacolarizzazione drammatica del tema per concentrarsi sulla realtà quotidiana di simili situazioni.
La scrittura, in alcuni punti, è fragile ma il film rimane delicato e toccante, anche grazie all’interpretazione splendidamente naturale di Filippo Timi: l’attore, oltre ad aver accettato il ruolo senza essere pagato per il lavoro svolto, è sempre sullo schermo per l’intera durata, prega e poi bestemmia, cammina, mangia fuma, soccorre suo figlio, vive ogni emozione. Sullo schermo, la tenerezza del rapporto padre-figlio non è il semplice risultato di una eccellente prova recitativa, ma la conferma delle profondità umane di un artista prezioso del nostro cinema.
Giuseppe D’Errico
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