“Ghost in the Shell”, un film di Rupert Sanders, la recensione

Ghost in the Shell (id, Usa, 2017) di Rupert Sanders con Scarlett Johansson, Michael Carmen Pitt, Juliette Binoche, Takeshi Kitano, Pilou Asbæk, Chin Han, Danusia Samal, Lasarus Ratuere, Peter Ferdinando

Sceneggiatura di Jamie Moss, William Wheeler, Ehren Kruger dal manga omonimo di Masamune Shirow (1989) e anime di Mamoru Oshii (1995)

Fantascienza, 1h 46’, Universal Pictures International Italy, in uscita il 30 marzo 2017

Voto: 6½ su 10

Non era impresa facile tradurre per il mezzo cinematografico il manga cult di Masamune Shirow del 1989, a sua volta divenuto anime nel 1995 grazie a Mamoru Oshii. La Dreamworks di Spielberg ne aveva già acquistato i diritti da anni, ma venire a capo della sceneggiatura si è rivelato più complesso del previsto. Ci ha provato Rupert Sanders a portare in forma live action l’universo fantascientifico di Ghost in the Shell, non senza attirare sin da subito forti scetticismi, affatto infondati. Il primo imputerebbe al progetto l’accusa di whitewashing, ossia l’aver “occidentalizzato” il personaggio principale, quello di Motoko Kusanagi, che nel film diventa il Maggiore Mira Killian, interpretato da Scarlett Johansson; il secondo getta un dubbio proprio sulla scelta del regista, un acerbo confezionatore di blockbuster (Biancaneve e il cacciatore) forse troppo lontano dalle cupe riflessioni delle pagine di Shirow.

ghost-in-the-shell-posterSe riusciamo a soprassedere sulla presenza della Johansson, che anzi si rivela perfettamente inserita sia nella storia che in questo particolare genere narrativo, altrettanto non possiamo dire di Sanders, che infatti dimostra di non avere la struttura necessaria per un film che avrebbe necessitato una visione registica meno banale. Tuttavia Ghost in the Shell non merita di passare inosservato: seppur filtrata attraverso un evidente impoverimento di scrittura, la vicenda di questo soldato di pubblica sicurezza dal corpo interamente cibernetico e indistruttibile ma dal cervello, e quindi dalle emozioni, di un essere umano non è priva di spunti interessanti. In un futuro angoscioso e caotico, dove l’ipertecnologizzazione ha preso il sopravvento, Mira deve contrastare una minaccia terrorista capace di controllare la mente delle persone, ma quando scopre di essere stata tradita dalla Hanka Robotics, la società che la salvò facendola diventare ciò che è ora, cercherà con ogni mezzo di recuperare il proprio passato.

Il film, almeno visivamente, rende giustizia all’immaginario futuristico del manga originario: gli effetti speciali, a dir poco sbalorditivi, ricreano una megalopoli divoratrice e abbacinante, mentre il versante action può contare su combattimenti esplosivi e vertiginose cadute nel vuoto. A farne le spese è lo spessore psicologico e filosofico, che si risolve in un paternalistico monito sulle minacce del progresso tecnologico, anche se permane un certo lirismo forse solamente estetico e quasi mai concettuale. Nonostante un ritmo altalenante, la fragilità della sceneggiatura e la freddezza registica, Ghost in the Shell non dispiace anche se difficilmente riuscirà a conquistarsi uno spazio nella memoria dello spettatore.

Giuseppe D’Errico

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