“Ex Machina”, esordio notevole per uno sci-fi cerebrale e claustrofobico

Ex Machina (id, Usa, 2015) di Alex Garland con Oscar Isaac, Domhnall Gleeson, Alicia Vikander, Sonoya Mizuno

Sceneggiatura di Alex Garland

Fantascienza, 1h 48′, Universal Pictures International Italy, in uscita il 30 luglio 2015

Voto: 7 su 10

Tra gli esordi registici da annotare, di questa ormai terminata stagione cinematografica, rientra sicuramente quello di Alex Garland, classe 1970, scrittore e già sceneggiatore per Danny Boyle (The Beach, 28 giorni dopo e Sunshine) e Mark Romanek (il bellissimo Non lasciarmi). Ex Machina, da lui scritto e diretto, riporta il genere fantascientifico ai ranghi di un pensiero intimo e comune, sollevando questioni etiche e dilemmi mor(t)ali che potrebbero non esserci del tutto estranei di qui a qualche anno.

Ex_Machina-coverIl film propone, ancora una volta, la riflessione sul rapporto uomo-macchina, facendo proprie le lezioni pregresse, dal mito di Frankenstein a Blade Runner e A.I. fino al recente capolavoro Her, inserendole in un contesto drammatico algido e claustrofobico che, di fatto, si scontra con le aspettative che il genere sci-fi crea: un giovane programmatore (Gleeson) della più grande società informatica al mondo, viene scelto per testare l’intelligenza artificiale di un cyborg (Vikander), creato dal geniale e tormentato responsabile della compagnia (un fantastico Oscar Isaac), che vive come un eremita in una amena località boschiva. Scatterà uno strano e inquietante triangolo, in cui gli interrogativi scientifici verranno inquinati da un processo di seduzione strisciante che il robot attuerà nei confronti del suo esaminatore…

Più che per il suo aspetto ammonitivo nei confronti della iper-tecnologizzazione e verso il consiglio fraudolento dell’ego umano che non pone limiti all’ingegno (Dante e il suo Ulisse insegnano…), argomenti tanto validi quanto ampiamente sfruttati, Ex Machina affascina soprattutto per il rapporto di sudditanza psicologica di due uomini incapaci di rapportarsi a una donna vera tanto da dover ricorrere a dei surrogati. Nonostante un dialogo intelligente e una messa in scena efficace e alienante, il film rischia però di esaurirsi in un esercizio freddo e cerebrale, complici i ritmi contemplativi e le musiche ossessive, pur di gran presa. Certo, di questo Alex Garland sentiremo ancora parlare, anche perché il film vanta già una discreta fama di cult movie.

Giuseppe D’Errico

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