Effetti collaterali (Side Effects, Usa, 2013) di Steven Soderbergh con Jude Law, Rooney Mara, Catherine Zeta-Jones, Channing Tatum, Vinessa Shaw, Mamie Gummer, David Costabile, Polly Draper
Sceneggiatura di Scott Z. Burns
Thriller, 1h 46’, M2 Pictures, in uscita il 1° maggio 2013
Voto: 5½ su 10
Ciò che rende imperdibile ogni film di Steven Soderbergh è il grado di eclettismo, di volta in volta più sorprendente, che riesce a raggiungere in ogni suo nuovo progetto. Non fa eccezione Effetti collaterali, thriller psicanalitico presentato in concorso all’ultimo Festival di Berlino, dopo aver toccato le vie del disaster movie (l’ottimo Contagion), dell’action spionistico (il deludente Knockout) e del socio-dramedy locale (il testosteronico Magic Mike). E, mentre il regista annuncia il ritiro dalle scene, a Cannes già si attende il suo biopic su Liberace Behind the Candelabra.
Quando Martin Taylor (Channing Tatum) esce dal carcere, dove ha scontato una pena per insider trading (?), la vita di sua moglie Emily (Rooney Mara) precipita in una depressione che già l’aveva colpita ai tempi dell’arresto. Lo psichiatra Johnatan Banks (Jude Law) le prescrive un nuovo farmaco, l’Ablixa, sottovalutandone alcuni effetti collaterali. Emily, in preda a sonnambulismo, uccide il marito, il caso diventa di dominio pubblico e il dottore finisce su tutti i giornali. Per capire con chi ha a che fare, Banks si mette in contatto con l’ex analista della sua paziente, la dottoressa Victoria Siebert (Zeta-Jones).
Ingiusto rivelare oltre la trama di un film che fa del colpo di scena (doppio e triplo) la sua reale ragion d’essere (apre pur sempre con una citazione da Psycho…); perché parte con l’allure molto eighties di drammone psichiatrico, con grande strillo di denuncia alle case farmaceutiche e al pressappochismo di medici e ricercatori incauti, e precipita vorticosamente in un thriller a inganni che, oltre a perdere di vista i potenziali intenti politici della storia, si inceppa in un meccanismo narrativo banalmente hollywoodiano.
L’intrigo è ben poco credibile, ma Soderbergh ce la mette tutta per renderlo piacevole: forse ci riesce, grazie alla regia acuta e all’abile scelta di casting. Poco, comunque, che possa andare oltre il passatempo confezionato con classe.
Giuseppe D’Errico
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