“Dogman”, un film di Matteo Garrone, la recensione

Dogman (id, Italia/Francia, 2018) di Matteo Garrone con Marcello Fonte, Edoardo Pesce, Nunzia Schiano, Adamo Dionisi, Francesco Acquaroli, Alida Baldari Calabria, Gianluca Gobbi

Soggetto e sceneggiatura di Ugo Chiti, Massimo Gaudioso, Matteo Garrone.

Drammatico, 1h 42’, Archimede e La Pacte con Rai Cinema/01 Distribution, in uscita il 17 maggio 2018

Voto: 8 su 10

L’ultima fatica cinematografica di Matteo Garrone, Dogman, è, come il precedente Il racconto dei racconti, una favola oscura, che prende stavolta spunto da un fatto di cronaca nera avvenuto a metà degli anni ’80, per raccontare una storia di solitudine e di umano degrado, narrando il susseguirsi di avvenimenti che porteranno il mite Marcello a tramutarsi da vittima in carnefice, percorso narrativo già esperito  da Garrone ne L’imbalsamatore, nel quale l’orco di turno – allora il personaggio interpretato da Ernesto Mahieux – veniva vinto e brutalmente sopraffatto dal suo ingrato pupillo.

dogman-675x905-675x904Il limitare di una periferia suburbana che termina a pochi metri da una spiaggia bagnata dalle onde del mare è il piccolo mondo chiuso popolato da figure che sopravvivono ai margini della società: un orafo avido ed egoista, un biscazziere opportunista e vigliacco, e un uomo più a suo agio con le bestie in gabbia che con le persone che, come lui, agiscono in quel comprensorio di palazzi rovinati dalla salsedine e dal sole, luogo simbolo di un’umanità arida e indifferente anche alla propria miseria. A turbare la quiete in questo livido nulla è Simone, ex pugile cocainomane, bestia a due zampe che soddisfa le proprie necessità tra angherie e vessazioni di ogni sorta delle quali è destinatario, ora complice ora vittima, anche il piccolo Marcello, in un crescendo di eventi che faranno maturare risentimenti e propositi di riscatto dai tragici esiti.

Dogman è una sorta di western onirico, costruito per immagini di prepotente forza e animato da volti che – da soli – sono una drammaturgia di imperfetta efficacia: solitudine e orgoglio promanano con forza dal viso tumefatto e dalla voce tremante e stridula di Marcello Fonte, istintualità e possenza vivono nel corpo e nei grugniti con i quali Edoardo Pesce costruisce la figura ferale di un mostro tanto esagerato da essere realmente e credibilmente spaventoso. Poetica degli ultimi, questo film di Garrone è un’opera di crudele bellezza, che attraverso la forza delle proprie immagini è capace di raccontare le miserie dell’umanità di confine con disarmante, onesta efficacia.

Marco Moraschinelli

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