Dietro i candelabri (Behind the Candelabra, Usa, 2013) di Steven Soderbergh, con Michael Douglas, Matt Damon, Scott Bakula, Rob Lowe, Dan Aykroyd, Debbie Reynolds, Paul Reiser, Tom Papa, Bruce Ramsay, Jane Morris, Nicky Katt, Cheyenne Jackson, Mike O’Malley, Boyd Holbrook
Sceneggiatura di Richard LaGravanese, basato sul libro di memorie “Behind the Candelabra: My Life With Liberace” di Scott Thorson e Alex Thorleifson
Biografico, 1h 59′, HBO/01 Distribution, in uscita il 5 dicembre 2013
Voto: 7 su 10
Questa è la televisione americana (anzi, non è televisione, è HBO), che partecipa al più importante festival del cinema al mondo (Cannes, in concorso) e viene distribuito in sala. Ceneri sul capo a parte, Dietro i candelabri è il biopic che non ti aspetti, primo perché era arduo immaginarsi un regista freddo e radicale come Steven Soderbergh alle prese con l’effimero mondo di lustrini di uno dei personaggi più frivoli dello star system americano del secolo passato, secondo perché il quadro finale, oltre che impietoso, ha dell’inquietante.
Tranche de vie, dal 1977 al 1986, del pianista Walter Liberace (Michael Douglas), esuberante quanto celeberrimo pianista in oltre quarant’anni di showbiz incontrastato, personalità egocentrica e luccicante, divo sul palcoscenici di Las Vegas e tra le mura di casa, omosessuale mai dichiarato ed eterno scapolone d’oro agli occhi velati del grande pubblico. Scott Thorson (Matt Damon), orfano, aspirante veterinario, amante rinnegato, servitore e per poco figlio adottivo, fu l’uomo che restò al fianco di Liberace fino alla sua morte per Aids. Nel mezzo, una parabola di vana gloria fatta di droga, sesso, chirurgia plastica e lusso sfrenato.
Splendidamente sceneggiato da Richard LaGravanese, forse il miglior artefice di melodrammi degli ultimi anni (La leggenda del re pescatore, I ponti di Madison County e L’amore ha due facce sono tutte sue creazioni), il film non evita il classico distacco soderbeghiano per qualunque materia trattata, ma porta altresì in scena un ritratto-incubo del successo finalizzato al nulla in formato “kitsch imperiale”, come lo stesso Liberace amava definire il suo stile di vita. L’opulenza di arredi e corredi lascia effettivamente storditi, e la simbiosi del personaggio con l’ambiente che lo circonda, senza neppure un ombra di moralità che sia diversa da un superstizioso credo cattolico, fa accapponare la pelle.
Tra pianoforti rotanti, candelieri, bijioux, parrucconi, pellicce e jacuzzi fumanti, Michael Douglas e Matt Damon si muovono con impareggiabile naturalezza, fornendo due interpretazioni notevolissime. Li circondano ottimi caratteristi e una sublime Debbie Reynolds, mamma svanita di Liberace. Finale in perfetto stile “mostra delle atrocità”, col defunto volante e le ballerine piumate. That’s Entertainment!
Giuseppe D’Errico
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