“Decamerone. Vizi virtù passioni”, Accorsi per Boccaccio senza voglia di scandalizzare

DECAMERONE. VIZI, VIRTU’, PASSIONI
Liberamente tratto dal Decamerone di Giovanni Boccaccio

STEFANO ACCORSI  Panfilo – Mastro di Brigata
SALVATORE ARENA Filostrato – Il fedele
SILVIA BRIOZZO  Elissa – La generosa
FONTE FANTASIA Pampinea – La giovine
MARIANO NIEDDU Dioneo – Lo scaltro
NAIKE ANNA SILIPO Fiammetta – L’innamorata

adattamento teatrale e regia di Marco Baliani
drammaturgia Maria Maglietta
scene e costumi Carlo Sala
disegno luci Luca Barbati
assistente scene e costumi Roberta Monopoli
aiuto alla regia Maria Maglietta
datore luci Michele Vittoriano
macchinista Stefano Pommella
sarta di scena Giulia Belardi
organizzazione Marco Balsamo
responsabile produzione Walter Tassone
amministratore di compagnia Giulia Carlaccini
addetto stampa Saverio Ferragina
progetto “grandi italiani” Marco Baliani , Stefano Accorsi , Marco Balsamo/ Ariosto ORLANDO / Boccaccio DECAMERON/ Machiavelli IL PRINCIPE
produzione Nuovo Teatro diretta da Marco Balsamo, in collaborazione con Fondazione Teatro della Pergola

Andato in scena al teatro Duse di Bologna

Voto: 6½ su 10

Prosegue il sodalizio artistico tra Stefano Accorsi e Marco Baliani che, attraverso il Progetto Grandi Italiani, mettono in scena testi antichi che hanno, ancora nel nostro tempo, molto da raccontare. Dopo la fortunata messinscena dedicata alle gesta di Orlando Furioso i due artisti riprendono uno degli autori più dissacranti della letteratura Italiana: Boccaccio. Il nuovo spettacolo Decamerone – vizi, virtù, passioni, andato in scena al Teatro Duse di Bologna narra sette delle cento novelle del famoso testo trecentesco.

Corruzione, immoralità, smania di potere, ipocrisia sono pestilenze che, ancora oggi, contaminano la società e le grandi opere di arte, hanno il pregio di essere sempre attuali e di avere uno sguardo lungimirante nel tempo. E la scelta di queste opere rivela proprio l’intento di evidenziare la natura imperitura della grande letteratura e, altro aspetto molto importante e cifra stilistica delle scelte di Baliani-Accorsi, mantenere alta l’attenzione per la bellezza e la complessità della lingua italiana. Proprio grazie all’uso del linguaggio arcaico e alla bravura con cui ci viene reso dagli attori, infatti, riusciamo a ricordare quante belle sfumature linguistiche e parole si sono perse nel tempo e quanto sia affascinante potere riudire parole desuete e sfumature dialettali di cui si è perso l’uso.

Lo spettacolo inizia con un proemio che introduce lo spettatore nel mondo boccaccesco. Segue la presentazione della compagnia di teatranti girovaghi che, in un gioco meta teatrale, mette in scena le novelle. La selezione fatta dal regista prevede quattro novelle tratte dalla quarta giornata degli amori tragici e hanno come protagonisti Tancredi e Ghismunda, Elisabetta da Messina e Frate Alberto. In questa giornata si narra di amori che ebbero una fine infelice. Sono storie dove uno degli amanti muore perché le leggi della Fortuna trionfano su quelle dell’Amore. Le due novelle estrapolate dalla terza giornata invece, evidenziano chi con abilità acquista una cosa desiderata o recupera una cosa perduta come nel caso di Masetto da Lamporecchio, il Zima e Messer Francesco Vergellesi. Infine viene rappresentata una novella tratta dalla nona giornata, dove ciascuno racconta ciò che gli pare, con protagonista Calandrino Gravido. La scelta di queste sette novelle porta a un alternarsi di episodi grotteschi, in cui viene messa in luce la volgarità di alcuni personaggi, spesso nascosti sotto abiti monacali o borghesi, ad altri episodi più tragici, dove la sorte funesta si insinua nella vita e negli amori dei protagonisti per distruggerne il sogno. Il capomastro, Stefano Accorsi e gli altri attori hanno il compito di interpretare i personaggi, introdotti di volta in volta ora dal capo brigata ora dagli altri componenti della compagnia.

Tutte le storie vengono inserite, infatti, dentro l’altra storia degli attori girovaghi che stentano a vivere del proprio lavoro e si arrangiano come possono, facendosi gli abiti double face per risparmiare e usando un colorato camper-furgoncino, che incombe sul palco come unico elemento scenografico e, di volta in volta, si trasforma in casa e teatro viaggiante divenendo scenario dei diversi luoghi dell’azione scenica: aperto, smontato, usato come giaciglio degli amanti o per inerpicarsi e osservare tutti dall’alto.

Le novelle vengono commentate alla fine, come pure fa Boccaccio nel testo originario, dalla brigata che cerca di trovare un’attinenza con il presente e di spiegare come certe dinamiche non mutino nel tempo. Ed è questo l’aspetto più debole dello spettacolo. Sebbene si rida e gli attori siano bravi, manca alla narrazione quell’arguzia tipica di queste novelle, quella voglia di scandalizzare e di farsi beffa di alcuni meccanismi della società, con quel gusto per la trasgressione e l’impudicizia tipiche del narratore toscano.

Amelia Di Pietro

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