Dallas Buyers Club (id, Usa, 2013) di Jean-Marc Vallée, con Matthew McConaughey, Jared Leto, Jennifer Garner, Steve Zahn, Denis O’Hare, Dallas Roberts, Griffin Dunne, Kevin Rankin
Sceneggiatura di Craig Borten, Melisa Wallack
Drammatico, 1h 57′, Good Films, in uscita il 30 gennaio 2014
Voto: 8½ su 10
Una sceneggiatura scomoda, rifiutata ben 137 volte nel giro di quasi vent’anni, è diventata ora un film applaudito e premiato in mezzo mondo (non ultimo, anche al Festival di Roma, dove era in concorso). E c’è da scommettere sulle potenzialità indiscusse di Dallas Buyers Club di Jean-Marc Vallée (C.R.A.Z.Y.) ai prossimi Oscar, dove è in corsa per sei importanti statuette. Il merito della riuscita di un progetto tanto rischioso, e soprattutto dell’attenzione globale che il film sta riscuotendo, è per la gran parte dovuto all’impegno inesauribile del suo interprete principale, un sorprendente Matthew McConaughey, anima vitale non solo della storia ma prima ancora della genesi dell’opera, fortissimamente rincorsa e voluta ad ogni costo.
Texas, 1985. Ron Woodroof (McConaughey) è un elettricista omofobo, bifolco e drogato, che si scopre sieropositivo. I dottori gli danno 30 giorni di vita ma lui non accetta la sentenza di morte, inizia una cura sperimentale personalizzata e si spinge fino in Messico per procurarsi dei medicinali alternativi e illeciti in America. Nel giro di poco tempo metterà in piedi un vero e proprio contrabbando di farmaci vietati per malati di Aids, provandone per primo gli effetti benefici ma scontrandosi con il governo e le autorità. Al suo fianco, la coraggiosa dottoressa Eve Saks (Garner) e il transessuale Rayon (Leto).
Il cinema americano di denuncia nella sua veste migliore, a budget ridottissimo (meno di 5 milioni di dollari per 25 giorni di riprese) e risultati eccellenti. Si piange di rabbia e mai di retorica accomodante, grazie a una sceneggiatura di esemplare ricchezza tematica, capace di tenere in equilibrio più registri emotivi senza ricorrere a pesanti schematismi; ci si appassiona senza mezze misure a una storia di accettazione e di pregiudizio come fu con l’indimenticabile Philadelphia di Jonathan Demme, giungendo inevitabilmente a patti con i personaggi sullo schermo e con sé stessi; si resta impressionati di fronte alla metamorfosi fisica (meno ventitré chili) e recitativa di uno straordinario Matthew McConaughey, nell’ultimo dei grandi ruoli che sta ricoprendo da pochi anni a questa parte, dopo un lungo periodo di inflazionate operazioni commerciali. Misurarsi con un protagonista tanto ripugnante, ostinato, volgare eppure così esemplare, entrarci in contatto in modo così totalizzante e sincero: questo sì che si chiama coraggio, e l’attore supera la prova con lode, stagliandosi prepotentemente tra i grandi eroi militanti che hanno attraversato il grande schermo cinematografico.
Questa magnifica interpretazione, oltre a fare il paio con un affresco d’epoca che Vallée non si preoccupa di rendere migliore o più accattivante di quello che è, si affianca all’altrettanto entusiasmante performance di Jared Leto: il frontman del gruppo rock-pop 30 seconds to Mars, da tempo lontano dal cinema, nei panni logori del transgender Rayon regala sfumature di infinita raffinatezza e rende il personaggio memorabile; senza contare l’apporto di un’attrice di classe come Jennifer Garner (già partner di McConaughey nella rom-com La rivincita delle ex).
Quindi, un film splendido, da difendere e consigliare a chiunque, che conferma, oltre alle capacità e al carisma trascinante di McConaughey, anche la sensibilità fuori dal comune di un regista come Jean-Marc Vallée.
Giuseppe D’Errico
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