“C’era una volta a… Hollywood”, un film di Quentin Tarantino, la recensione

C’era una volta a… Hollywood (Once upon a time… in Hollywood, Usa, 2019) di Quentin Tarantino con Leonardo Di Caprio, Brad Pitt, Margot Robbie, Al Pacino, Margaret Qualley, Brenda Vaccaro, Bruce Dern, Clifton Collins Junior, Clu Gulager, Dakota Fanning, Damian Lewis, Damon Herriman, Danny Strong, Dreama Walker, Emile Hirsch, Harley Quinn Smith, James Marsden, James Remar, Kurt Russell, Lena Dunham, Leslie Bega, Lorenza Izzo, Luke Perry, Martin Kove, Maya Hawke, Michael Madsen, Mikey Madison, Nicholas Hammond, Nichole Galicia, Rebecca Gayheart, Rebecca Rittenhouse, Rumer Willis, Scoot McNairy, Sydney Sweeney, Tim Roth, Timothy Olyphant, Victoria Pedretti, Zoe Bell, Austin Robert Butler

Sceneggiatura di Quentin Tarantino

Commedia, 2h 45’, Warner Bros. Italia, in uscita il 18 settembre 2019

Voto: 8½ su 10

Si è detto tanto, ci sarebbe da dire ancora molto. Ma forse è bene che a parlare siano le immagini del nono film scritto e diretto da Quentin Tarantino, C’era una volta a… Hollywood, che già dal titolo chiarisce il tono affabulatorio di una rivisitazione d’epoca che sfiora solamente il realismo per salvaguardare il sogno, un meraviglioso sogno a occhi aperti chiamato Cinema. Il regista non ne ha mai fatto mistero: da commesso in una videoteca ad autore di culto, ed è stato solo merito dei film, che ha sempre divorato con passione autentica e insaziabile. Ma cosa succede se qualcuno squarcia lo schermo della grande illusione, deturpando la bellezza, distruggendo la speranza?

In quasi tre ore di avvolgente, straordinario, esasperante spettacolo nostalgico, Tarantino ripercorre un’annata cruciale per la cinematografia, quel 1969 che vedrà l’ascesa della new Hollywood di Easy Rider e l’esodo statunitense sul Tevere, e sugellata nel modo più osceno dalla strage di Cielo Drive ad opera della Manson Family. In questo scenario incontriamo Rick Dalton (Leonardo Di Caprio, nella più bella interpretazione di tutta la sua carriera), star in declino dello show televisivo Bounty Law, già divo del grande schermo, ora costretto ad accettare parti da spalla per scongiurare l’oblio; un produttore (Al Pacino) vorrebbe portarlo a Roma a girare spaghetti western con Corbucci e Margheriti, ma Dalton è disperato per il declassamento, specie da quando il famoso regista Roman Polanski e la sua giovane moglie Sharon Tate (Margot Robbie) si sono trasferiti nella villetta di fianco alla sua: loro sono il nuovo cinema che avanza, lui è solo un attore al tramonto che annega nell’alcol. L’unica persona su cui può contare è Cliff Booth (Brad Pitt), sua controfigura storica, col quale cerca di barcamenarsi tra set complicati e solenni bevute casalinghe. Fino alla sera del 9 agosto.

Al di là del citazionismo sfrenato, dell’evidente autocompiacimento metafilmico, del divertimento fanciullesco di chi gioca a fare il cinema “di una volta” con gli strumenti della grande produzione, c’è un amore tale per ciò che si narra e per come lo si narra, che rende C’era una volta a… Hollywood un film quasi necessario per ogni spettatore che si professi appassionato di cinema. Tarantino, pur tra squilibri e momenti di puro godimento cinefilo, ristabilisce l’arte del sogno del mezzo cinematografico, restituendo l’incanto di una meravigliosa menzogna alla scatola magica che nessuno potrà mai permettersi di rovinare.

Quasi un passaggio di testimone che il regista di Pulp Fiction raccoglie da un altro grande autore, Peter Bogdanovich, che, nella sua ultima opera She’s funny that way, regalava proprio a Tarantino il compito di suggellare un incredibile lieto fine che riportava al trionfo della screwball comedy. Come in quel caso, anche C’era una volta a… Hollywood è ammantato di una suggestione che delega alla finzione il compito di riparare la dimensione sognante dello spettatore: il senso è tutto nella sequenza in cui la Sharon Tate di Margot Robbie si confonde tra le poltrone di una sala cinematografica per ri-guardare sullo schermo la vera Sharon Tate in quella che sarà la sua ultima interpretazione, nel film The Wrecking Crew (in Italia era Missione compiuta stop. Bacioni Matt Helm). Il piacere della visione condivisa e, allo stesso tempo, lo stupore che solo l’inganno dell’arte filmica può rimandare. Il film più denso e struggente di Quentin Tarantino.

Giuseppe D’Errico

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