“Cake”, meravigliosa Jennifer in un dramedy che ci fa soffrire

Cake (id, Usa, 2014) di Daniel Barnz con Jennifer Aniston, Adriana, Barraza, Sam Worthington, Anna Kendrick, Felicity Huffman, William H. Macy, Chris Messina, Lucy Punch, Mamie Gummer, Britt Robertson

Sceneggiatura di Patrick Tobin

Drammatico, 1h 43′, Warner Bros Pictures Italia, in uscita il 7 maggio 2015

Voto: 7 su 10

Cake di Daniel Barnz è il classico film americano indipendente che, sfruttando un tema fortemente radicato nella cultura americana, si prefigge il compito di assurgere a “caso” della stagione, anche poggiandosi sulla performance fortemente martirizzante della sua protagonista. La missione non si può dire riuscita, per varie ragioni. Ciò non toglie che resti un opera degna di attenzione, al di là degli indubbi meriti di Jennifer Aniston, attrice carismatica che in quest’occasione sperava di poter concorrere nella cinquinina degli Oscar (l’avrebbe meritato, aggiungiamo noi).

CAKE_new_data_GDimenticate il glamour da star e le ruggenti incursioni hot recenti (irresistibile in Come ti spaccio la famiglia e nei due Come ammazzare il capo in versione nymphomaniac), stavolta Jennifer è Claire, un avvocato di successo con le ossa rotte e il volto deturpato da un misterioso incidente stradale, in cui ha perso la vita il figlioletto. Schiava degli antidolorifici, burbera tanto da farsi cacciare dal suo gruppo di sostegno, perennemente rallentata da uno strazio che le mangia anima e carne, la donna imparerà a ritrovare la forza per reagire, interrogandosi sulla sua esistenza e mettendola in rapporto a quella di una ragazza morta suicida (Kendrick) che conosceva appena.

Il film è completamente, assolutamente catalizzato dalla meravigliosa prova d’attrice della Aniston, che ha creduto nel progetto (e nel ruolo) tanto da produrlo e promuoverlo senza sosta. Però Barnz non è un regista capace di qualche originalità, e la stessa sceneggiatura si crogiola troppo in una monotonia a volte gratuita. Elementi che però non mettono in pericolo il ritratto femminile distruttivo della protagonista, il cui malessere è talmente ben raccontato da provare quasi la sensazione di vivere sulla nostra pelle tutto il suo dolore. Merito della scrittura o dell’attrice? Qualunque sia la risposta, c’è tanta umanità in questo film, ravvisabile non soltanto nel dolore fisico ed emotivo di Claire, nella quale tutti possono trovare un comune particolare, ma anche nell’ironia nera con cui fredda chi la circonda. Il circuito indie americano è ancora in grado di fare la differenza.

Giuseppe D’Errico

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