“Boy Erased – Vite cancellate”, un film di Joel Edgerton, la recensione

Boy Erased – Vite cancellate (Boy Erased, Usa, 2018) di Joel Edgerton con Lucas Hedges, Nicole Kidman, Russell Crowe, Joel Edgerton, Xavier Dolan, Flea, Joe Alwyn, Troye Sivan

Sceneggiatura di Joel Edgerton dal romanzo “Boy Erased: A Memoir” di Conley Garrard

Drammatico, 1h 54’, Universal Pictures International Italy, in uscita il 14 marzo 2019

Voto: 6½ su 10

Comunemente all’analogo e coevo La diseducazione di Cameron Post, anche Boy Erased – Vite cancellate porta sul grande schermo la storia di un tentativo di riabilitazione dall’omosessualità, una pratica riparativa tanto assurda e primitiva quanto tristemente esercitata in numerose località statunitensi. Di certo, il film di Joel Edgerton, alla sua seconda regia dopo il social-thriller The Gift – Regali da uno sconosciuto, ha a disposizione più carte da giocare rispetto all’operina indipendente di Desiree Akhavan: trasposizione del discusso memoir di Conley Garrard, prodotto dalla Focus Features che se n’è accaparrata i diritti dopo un lungo duello tra major e interpretato da un cast che può vantare l’ormai lanciatissimo Lucas Hedges come protagonista e due cavalli di razza del calibro di Nicole Kidman e Russell Crowe nei panni dei suoi genitori. Il risultato, per quanto nobilissimo nelle intenzioni, è ancora una volta cinematograficamente anonimo e didattico, quasi che il tema non riuscisse a trovare il giusto equilibrio tra spessore drammaturgico, coraggio espositivo e personalità artistica.

La storia, scolasticamente spezzettata in una narrazione tra passato e presente, è quella di Jared, un diciannovenne che, con enorme difficoltà, rivela al padre pastore battista e alla madre fervente devota di essere attratto dal sesso maschile. Pur di non essere ripudiato dai suoi cari e di evitare lo scandalo cittadino, il giovane accetta di farsi internare in un centro di rieducazione sessuale in cui rimetterà in discussione ogni aspetto della sua identità, ma ipocrisie e meschinità assortite verranno presto a galla.

Edgerton ritaglia per sé il ruolo dell’inquietante capo carismatico del gruppo “Love in action”, un vero antro delle più imbarazzanti teorie su come manipolare la mente umana a suon di umiliazioni. Boy Erased ha il merito indubbio di far entrare lo spettatore all’interno di questa terapia, costringendolo a misurarsi con l’oggettiva inefficacia di un metodo che nega secoli di studi, fondato unicamente sull’ignoranza e sulla convinzione che l’orientamento sessuale sia una scelta modificabile e non un elemento fondante del proprio essere.

Se il quadro ambientale risulta efficace e giustamente respingente nella sua assoluta, desolante grettezza (la prima regola è “mai rivelare all’esterno cosa succede all’interno del centro di recupero”), sono soprattutto le psicologie piatte e schematiche dei personaggi il punto debole della sceneggiatura: la presa di coscienza del giovane Jared, dai primi turbamenti omoerotici agli scontri con l’ottusità paterna, fino alla completa autodeterminazione, è raccontata senza alcun tipo di sfumatura, quasi a non voler impressionare troppo chi ha poca dimestichezza con questo tipo di vicenda. Il risultato però ne risente, specie in termini di emozione, e a dare corpo al film restano solo le performance del sempre misurato Hedges e di un’umanissima Kidman. C’è un grande tema ma non un grande dramma e, parafrasando Jack Torrence, “all work and no play makes Boy Erased a dull movie”.

Giuseppe D’Errico

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