Big Eyes (id, Usa, 2014) di Tim Burton con Amy Adams, Christoph Waltz, Danny Huston, Krysten Ritter, Terence Stamp, Jason Schwartzman, Jon Polito
Sceneggiatura di Scott Alexander e Larry Karaszewski
Biografico, 1h 44′, Lucky Red, in uscita il 1° gennaio 2015
Voto: 5 su 10
Ebbene sì, dietro questo bio-picture così lineare e finemente didascalico si cela il nome di Tim Burton, glorioso regista dalla filmografia gravida di racconti fuori dal comune, ironici ed emotivamente travolgenti, dalle atmosfere lugubri e kitsch, dove ha sempre dominato uno stile unico e perfettamente riconoscibile. La mano dell’autore si scorge appena in Big Eyes, primo film “realistico” della sua carriera (eccezione a metà solo per l’altro biopic da lui girato, Ed Wood), imperniato su una frode artistica tanto incredibile quanto vera, quella di Walter Keane (Waltz) ai danni della moglie Margaret Keane (Adams). A cavallo degli anni Cinquanta e Sessanta, Walter raggiunse uno straordinario successo con una serie di celebri dipinti raffiguranti lacrimosi trovatelli dai grandi occhi, tele amatissime dal pubblico ma invise alla critica che ne intravedeva un imbarbarimento del gusto verso ideali di semplice ricatto privo d’ispirazione. In realtà i quadri erano opera di Margaret, una donna terribilmente sprovveduta e vittima di un marito orco.
Gli elementi per una fiaba gotica in linea con l’estro del regista non mancherebbero, e chissà cosa avrebbe potuto creare il Burton di Beetlejuice e di Edward con i piccoli freak che popolano le tele della Keane. Invece Big Eyes resta un film scialbo e scarsamente sentito, forse perché le vere menti del progetto iniziale sono gli sceneggiatori Scott Alexander e Larry Karaszewski (Larry Flynt e Man on the Moon), che avrebbero voluto dirigere personalmente il film e che già avevano collaborato con Burton proprio in occasione di Ed Wood. In quel caso, però, tutti erano riusciti a inquadrare alla perfezione il protagonista all’interno del mondo che raccontava (il cinema americano di serie Z). Qui, invece, il meccanismo narrativo che vede Margaret (una Adams eccessivamente sconfortata) letteralmente prigioniera di Walter (Waltz insopportabilmente gigione) e del suo microcosmo truffaldino, non è mai credibile, e più il film va avanti, più la drammaturgia crolla in dialoghi televisivi e situazioni al limite della pagliacciata (inaccettabile tutto il finale in tribunale).
La squadra di fedeli collaboratori assicura la salvezza di un chiaro punto di vista formale burtoniano (colori accesi, geometrie esasperate, tocchi bizzarri quando è possibile), ma è solo il pallido sfondo di un’opera fragile e sbagliata, perdonabile a un mestierante e non a un Tim Burton sempre più in crisi creativa.
Giuseppe D’Errico
A mio avviso la visione di questa pellicola è molto piacevole ed interessante. Questa volta non sono molto d’accordo con la sua recensione Dott. D’Errico. La saluto con profonda stima.