
Benvenuto Presidente! (id., Italia, 2013), regia di Riccardo Milani, con: Claudio Bisio, Kasia Smutniak, Giuseppe Fiorello, Remo Girone, Massimo Popolizio, Cesare Bocci, Omero Antonutti, Gianni Cavina, Piera degli Esposti.
Sceneggiatura di Fabio Bonifacci
Commedia, 1h e 40’, una produzione Indigo Film con Rai Cinema, distribuzione 01 DISTRIBUTION, in sala dal 21 marzo 2013
Voto: 6 su 10
“Benvenuto Presidente” conferma il problema che tormenta, da qualche anno a questa parte, il cinema italiano: l’idea di partenza c’è, l’incapacità di svilupparla adeguatamente anche! La premessa comica di questa commedia, infatti, è simpatica e potrebbe funzionare: un uomo del popolo viene eletto Presidente della Repubblica. Non è uno qualsiasi, il nostro Giuseppe Garibaldi (interpretato da Bisio): è una persona integra, buona, sincera, leale, di sani principi, insomma, la nemesi di un politicante. Fin qui va tutto bene. I primi quindici minuti della pellicola scorrono, li accettiamo, ma poi? Il disastro: una serie di gag al posto di un racconto, comicità banale, slapstick, toni (volutamente?) sopra le righe, e tanto, tanto ideologismo e retorica. Si fatica davvero a ridere. Fortunatamente ci si riprende nel finale: Bonifacci (lo sceneggiatore) e Milani (il regista) puntano il dito non più verso i politici (come hanno fatto molte, troppe commediole di questi anni e come, del resto, si fa anche qui per novanta, pesantissimi, minuti) ma contro gli italiani, contro l’indole di fregare il prossimo e di fare i furbi. Lo apprezziamo molto, è incredibile come un buon finale può davvero salvare, in zona Cesarini, un brutto film e portarlo, quanto meno, alla sufficienza. Ma non è solo per lo
sviluppo che “Benvenuto Presidente” fa cilecca: l’altro problema fondamentale è che questo film si propone di incarnare uno spirito sociale molto forte e presente (che in conferenza stampa, qualche giornalista ha collegato al grillismo puro) ma più che rielaborarlo e andare oltre (come vorrebbe la legge della buona commedia) si limita a immortalarlo, senza alcuno scarto comico. Ecco allora che, per due ore, ci si parla addosso, ci si sente ripetere cose che già sappiamo, che già pensiamo. E ancora: lo stile sembra viaggiare su due binari, quello di una fiaba (come sarebbe bello se…) e quello della commedia degli equivoci. La confezione del prodotto, però, non sceglie né il fiabesco, né il reale, mischiando trovate estemporanee e inverosimili con momenti di realtà. Ben prodotto (sarà costato un bel po’), ben recitato, ben diretto… peccato per il contenuto!
Andrea Ozza
Ma vogliamo parlare dei titolisti e del loro disprezzo più totale verso l’intelligenza del pubblico? “Benvenuti al Sud”, “Benvenuti al Nord” e adesso “Benvenuto presidente!”?