
Resta con me (Adrift, Usa, 2018) di Baltasar Kormákur con Shailene Woodley, Sam Claflin, Jeffrey Thomas, Elizabeth Hawthorne, Grace Palmer
Sceneggiatura di Aaron Kandell, Jordan Kandell, David Branson Smith, dal libro “Sky in Mourning: The True Story of Love, Loss, and Survival at Sea” di Tami Oldham Ashcraft con Susea McGearhart
Avventura, 1h 36′, 01 Distribution, in uscita il 29 agosto 2018
Voto: 6 su 10
Ci sono film che, pur non avendo il benché minimo barlume di originalità, si lasciano guardare candidamente e, pergiunta, senza essere molesti. Resta con me, del regista islandese Baltasar Kormákur, appartiene proprio a questa invidiabile categoria. Tratto dall’autobiografia della velista Tami Oldham che, nel 1983, durante un viaggio in mare da Thaiti verso San Diego insieme al compagno Richard Sharp, dovette affrontare un uragano che lasciò l’imbarcazione alla deriva per 41 giorni nel mezzo del Pacifico, il film vede come protagonisti unici la grintosa Shailene Woodley e il bel principe dagli occhi blu Sam Claflin.
Attraverso un escamotage narrativo, a volte un po’ meccanico, che decompone l’andamento cronologico degli eventi, inframezzando la sopravvivenza in mare con l’incontro tra i due personaggi e il progressivo crescere del loro amore, il team di sceneggiatori riesce ad assicurare un livello di attenzione sempre vivo, scongiurando il pericolo della noia ma non per questo evitando i topoi principali del genere: ferite sanguinanti e medicazioni “fai da te”, razionamento di cibo scarseggiante, bussole traditrici e deliri vari.
In tanta scontatezza, l’aver centellinato fin verso il finale la spettacolare sequenza della burrasca, alternata al mieloso coté romantico dell’avventura, risulta una mossa vincente. Ma è soprattutto la cura della confezione, l’afflato selvaggio e impavido della regia di Kormákur – non nuovo a imprese estreme sul grande schermo dopo il suo Everest del 2015 – e la partecipazione emotiva della Woodley, talmente coinvolta da ricoprire anche le vesti di produttrice, ad assicurare a Resta con me una felice riuscita. Non manca qualche dialogo da picco glicemico, ma è già un miracolo l’assenza di retorica e i più sensibili apprezzeranno un ultimo, commovente disvelamento di scrittura. Insomma, pochi fronzoli, fa il suo dovere. Un usato garantito.
Giuseppe D’Errico
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