A Bigger Splash (Italia/Francia/Gb/Usa, 2015) di Luca Guadagnino con Tilda Swinton, Ralph Fiennes, Dakota Johnson, Matthias Schoenaerts, Corrado Guzzanti, Aurore Clément, Lily McMenamy, Elena Bucci
Sceneggiatura di David Kajganich
Drammatico, 2h 05′, Lucky Red, in uscita il 26 novembre 2015
Voto: 6½ su 10
Oggetto di un linciaggio inaudito a Venezia72, dove era presentato in concorso, e vittima di un tonfo clamoroso ai botteghini nazionali dopo appena una settimana di programmazione, A Bigger Splash (dal titolo del celebre dipinto di David Hockney) conferma che il cinema di Luca Guadagnino non è per questo paese. Eppure, raramente si vedono quattro attori internazionali di tal fatta e una produttore come Michael Costigan scomodarsi per un film di un giovane regista italiano, pur se commissionato dal colosso Studio Canal.
Libero remake del cult francese La piscina di Jacques Deray, che consegnò alla storia del costume il fascino infinito di Alain Delon e Romy Schneider, A Bigger Splash paga il dazio di uno snobismo talmente esibito da urtare in egual misura i cinefili puristi e gli anarchici della settima arte. Guadagnino, dichiarando di non amare l’originale del 1968, ha adottato una strategia fallimentare sotto più versanti: si è attirato le ire della critica, si è reso presuntuoso, non ha dimostrato interesse verso il materiale narrativo a disposizione.
Al contrario, la storia del quadrilatero sentimentale impazzito tra la natura arcaica e selvaggia dell’isola di Pantelleria, diventa un mezzo da sfruttare per proporre uno stile registico virtuoso e di insperata arditezza per gli standard del cinema italiano, che sa oltremodo assecondare lo spettacolo degli interpreti, notevoli tanto nella recitazione quanto per resa estetica: se la Swinton in versione “Ziggy Stardust” afona può non sorprendere più, Fiennes nei panni del discografico esuberante e maledetto ci dimostra cosa voglia dire essere un Attore, mentre le star in ascesa Schoneaerts e Johnson chiariscono di non essere solo due corpi da esibire.
Ma se il melodramma erotico, con le sue altissime pretese di introspezione psicologica, tiene desta la voglia di proseguire la visione per arrivare alle consclusioni, la svolta procedurale finale getta in rovina quanto costruito fino a quel punto: malamente abborracciato e di irritante folklore (con il maresciallo dei carabinieri Corrado Guzzanti che pare uscito direttamente dal “Pippo Kennedy Show”), l’epilogo tradisce più del dovuto le ambizioni spropositate dell’autore, che vorrebbe fare addirittura una denuncia sull’immigrazione con le armi che furono di Visconti e Antonioni. Tutto allora suona confuso e velleitario, e si rimpiange l’occasione mancata per una (ancor più) sapida commedia sulle frenesie sessual-turistiche di certa intellighenzia indigena. Se non altro, Guadagnino ha smosso le acque del nostro cinema dal torpore dell’ignavia.
Giuseppe D’Errico
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