“Tutto quello che vuoi”, un film di Francesco Bruni, la recensione

Tutto quello che vuoi (Italia, 2017) di Francesco Bruni con Giuliano Montaldo, Andrea Carpenzano, Donatella Finocchiaro, Arturo Bruni, Emanuele Propizio, Antonio Gerardi, Raffaella Lebboroni, Andrea Lehotska, Riccardo Vitiello, Carolina Pavone

Sceneggiatura di Francesco Bruni, dal romanzo “Poco più di niente” di Cosimo Calamini (ed. Garzanti)

Commedia, 1h 46’, 01 Distribution, in uscita il 18 maggio 2017

Voto D’Errico: 6½ su 10
Voto Ozza: 8 su 10

Francesco Bruni è uno dei migliori sceneggiatori cinematografici e televisivi italiani della nostra epoca, a lui si devono i copioni di Montalbano e di alcuni dei più grandi successi di pubblico e critica in sala, da La prima cosa bella a Il capitale umano, passando per le collaborazioni con Ficarra e Picone. Tutto quello che vuoi, liberamente ispirato al romanzo “Poco più di niente” di Cosimo Calamini, è la sua terza prova registica dopo l’exploit con l’apprezzatissimo Scialla! e il meno compreso Noi 4. Ancora una volta, il suo cinema conferma la volontà e soprattutto il bisogno assoluto di raccontare la comunanza, così lontana eppure così vicina, tra vecchie e nuove generazioni. Questa volta però, a dispetto che in passato, lo fa con meno coesione narrativa, al netto di un peso e un significato morale che supera le pur encomiabili intenzioni delle due opere precedenti.

locandina-tutto-quello-che-vuoi-lowSiamo ancora una volta a Roma, città d’arte e ventre divoratore, che forma nuovi ragazzi di vita e dimentica i poeti e i sognatori. Alessandro (Carpenzano) ha 22 anni e, insieme ai suoi compagni di scorribande (Bruni, Propizio e Vitiello), semina il panico tra le strade di Trastevere; come troppi suoi coetanei, anche lui è un giovane senza ideali, irrequieto, ignorante, privo di una meta da raggiungere. Qualcosa però cambia quando si trova costretto a dovere accudire, durante le passeggiate pomeridiane, Giorgio (Montaldo), un elegante ottuagenario dal passato letterario illustre e con un presente divorato dal morbo di Alzheimer. Giorno dopo giorno, dalla mente annebbiata del vecchio riemergono improvvisi ricordi legati al passaggio del fronte degli americani verso il Nord durante la seconda guerra mondiale e a un tesoro sotterrato nella provincia toscana.

Al di là della sua provenienza editoriale, il film nasce in primis dalle recenti vicende biografiche del regista, che da qualche anno sta affrontando la malattia mentale del padre, circostanza che ha riportato alla luce personaggi e situazioni appartenenti a epoche storiche a lui (e a noi) lontane. Su una simile base, Bruni ha dato vita a un’opera di sensibilità rara per il nostro cinema, guidata da un buon senso che evita moralismi e trappole didascaliche. Il tatto e la grazia di cui il film può fregiarsi sono resi possibili soprattutto per merito di un magnifico Giuliano Montaldo, forse l’ultimo dei grandi registi impegnati del cinema italiano, e ora interprete sopraffino per quest’occasione speciale; dal canto suo, la rivelazione Andrea Carpenzano gli si affianca con umiltà, devozione e un’encomiabile giusta misura.

Sotto un punto di vista puramente narrativo, però, Tutto quello che vuoi vive di situazioni discontinue e, specie nella seconda metà, poco credibili. Non si può fare a meno di notare un eccesso di costruzione, oltre che un elemento estremamente banale, nella fuga on the road che Alessandro e i suoi amici compiono insieme a Giorgio per cercare il fantomatico tesoro sepolto, né convince del tutto un finale inutilmente affrettato. Fa arricciare un po’ il naso anche l’abbondante ricorso a un’ironia non sempre indovinata, che per strappare la risata deve affidarsi alla demoralizzante cafonaggine dei tre rozzi trasteverini (tra loro, anche l’impresentabile figlio del regista, Arturo).

Questa volta, però, è bene porre in risalto quanto di buono un film come questo ha da offrire, un discorso sulla memoria come un qualcosa di insostituibile e necessario per non perdere la rotta del proprio viaggio, in una società che condanna costantemente ogni forma di passato all’oblio. Solo dal racconto della nostra storia e dalle parole di chi ci ha preceduto può scaturire la speranza per un futuro migliore.

Giuseppe D’Errico

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