“Truman Capote. Questa cosa chiamata amore” di Massimo Sgorbani, uno spettacolo di Emanuele Gamba, la recensione

TRUMAN CAPOTE
QUESTA COSA CHIAMATA AMORE
di Massimo Sgorbani

con Gianluca Ferrato
scene Massimo Troncanetti
costumi Elena Bianchini
aiuto regia Jonathan Freschi
regia Emanuele Gamba

presentato da Florian Metateatro in collaborazione con il Teatro Nazionale della Toscana

In scena dal 15 al 17 marzo all’Off/Off Theatre di Roma

Voto: 8 su 10

Ho cominciato a scrivere a otto anni: di punto in bianco, senza un esempio ispiratore. Non avevo mai conosciuto qualcuno che scrivesse, anzi conoscevo pochi che leggessero. Ma sta di fatto che solo quattro cose mi interessavano: leggere libri, andare al cinema, ballare il tip tap e fare disegni. Poi un giorno mi misi a scrivere, ignorando di essermi legato per la vita a un nobile ma spietato padrone. Quando Dio ti concede un dono, ti consegna anche una frusta; e questa frusta è intesa unicamente per l’autoflagellazione.

(Truman Capote, Musica per camaleonti)

Una delle più grandi personalità culturali del Novecento, scrittore, giornalista, dandy, omosessuale. È curioso constatare come le più importanti e profetiche riflessioni critiche sulla società e i costumi del secolo scorso provengano da discussi personaggi orgogliosamente gay: Truman Capote in America come Pier Paolo Pasolini in Italia, in un ideale abbraccio sofferto che ci piace immaginare mettendo a confronto i loro scritti, così distanti per prosa e sensibilità, eppure così lucidi e feroci nella loro indagine umana.

truman-capote_01Di Capote e dei suoi demoni interiori offre un ritratto spietato Massimo Sgorbani, in un monologo ad alto tasso di introspezione psicologica che, a partire dagli incubi notturni che tormenteranno l’autore fino agli ultimi giorni della sua vita, triste lascito del caso Clutter immortalato nell’iconico romanzo-reportage A sangue freddo, procede a ritroso a ripassarne l’infanzia infelice segnata da una madre terribile, le prime pulsioni erotiche, l’esordio letterario con quella foto in copertina che lo bollò inesorabilmente come omosessuale “disponibile”; e poi i salotti newyorkesi, le donne per le quali era un cagnolino da intrattenimento, il pettegolezzo, le feste, l’attrazione per i reietti – tra i quali si riconosceva – e la tendenza all’autodistruzione che coincise con la distruzione finale del mondo frivolo e gozzovigliante che si era creato attorno, con l’ultimo libro, Preghiere esaudite, rimasto incompiuto («Il libro è diviso in quattro parti e, in effetti, ha proprio la struttura di una pistola. C’è l’impugnatura, il grilletto, la canna e, alla fine, il proiettile»).

Tutto lo scandaglio emotivo di Capote rivive sul palco nell’interpretazione totalizzante di Gianluca Ferrato, perennemente intento in un rituale di vestizione e svestizione che sottende ai cambi di luoghi fisici e privati che puntellano questo libero sfogo di memorie che è anche un dialogo di struggente tenerezza con la sua “bellissima bambina bionda”; perché Truman è un personaggio condannato a ricordare le vite e gli errori degli altri per poter emergere da essi con la sua identità fragile e imperscrutabile, molto banalmente etichettabile come superficiale e godereccia, ma forse ben più cupa e impenetrabile di quanto l’anticonvenzionalità conclamata non lasci trasparire.

La regia di Emanuele Gamba non perde mai l’occasione di impostare il tono di ogni quadro che si affaccia alla mente del protagonista, senza temere di risultare sgradevole nella lunga sequenza in cui dissacra, con atroce cinismo, le gigantografie dei volti, ormai cadavere, dei due fratelli Kennedy. Capro espiatorio dell’orrore di ogni tempo è rappresentato da un ultimo corpo senza vita, simulacro di ogni illusione perduta, sul quale Capote, e con lui il pubblico in sala, si lancia in un estremo ballo finale.

Giuseppe D’Errico

3 Responses to “Truman Capote. Questa cosa chiamata amore” di Massimo Sgorbani, uno spettacolo di Emanuele Gamba, la recensione

  1. Gianluca Ferrato ha detto:

    Gentile Giuseppe D’Errico,

    la ringrazio per le belle parole che ha spesso a proposito del mio Truman Capote. Fanno bene le parole, rinfrancano e danno energia per continuare a metterci la faccia, come faccio io e tutti quelli come me che ogni sera salgono là sopra quelle benedette tavole per dire la propria. Giusta o sbagliata che sia che piaccia o no. Quindi grazie. Trovo bellissimo il parallelismo fra Truman A Pasolini, due anime meravigliose e vinte. Non mi sorprende invece che i grandi pensieri del secolo scorso provengano da due uomini che sono anche omosessuali. C’è un dolore antico in chi non è allineato, in chi ha dovuto rimontare per avere voce.
    Ancora grazie di essere venuto e di averci accolti.
    Gianluca Ferrato

  2. Giuseppe D'Errico ha detto:

    Grazie mille Ferrato,
    da estimatore di Capote, è stato per me interessantissimo seguire la messa in scena dei suoi spettri, con un linguaggio teatrale così incisivo. Complimenti a lei per l’interpretazione così partecipata. A presto.
    Giuseppe D’Errico

  3. Gianluca Ferrato ha detto:

    Non avevo letto la sua risposta gentile Giuseppe.
    Mi ci sono imbattuto quasi per caso, cercando di rileggere quello che era stato scritto nei giorni dell’ Off-Off a proposito del mio Truman Capote. E così facendo ho trovato le sue parole.
    Sa, siamo così disabituati a ricevere una risposta che ci si stupisce quando succede. E quindi grazie.
    Bontà sua avere riconosciuto la mia “interpretazione così partecipata”. Il testo di Sgorbani è così rilevante e magnifico che andava onorato.
    Spero ci saranno occasioni future per farle vedere altri miei lavori.
    Non le posso augurare Buona Pasqua perché credo sarà già…risorto, ma mi lancio in un doveroso buon “primo maggio su coraggio”..

    Gianluca F.

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