“The Square”, un film di Ruben Östlund, la recensione

The Square (id, Svezia/Germania/Francia/Danimarca, 2017) di Ruben Östlund con Claes Bang, Elisabeth Moss, Dominic West, Terry Notary, Christopher Laessø, Marina Schiptjenko, Elijandro Edouard, Daniel Hallberg, Martin Sööder

Sceneggiatura di Ruben Östlund

Commedia, 2h 25′, Teodora Film, in uscita il 9 novembre 2017

Voto: 7½ su 10

Non di rado il cinema si è confrontato col concetto di arte intesa in senso museale e sul corto circuito che si crea tra esposizione e nobilitazione agli occhi del pubblico: cosa, oggi, può essere considerata arte e cosa no? La riflessione ha portato alcuni grandi autori a risultati spesso esilaranti (basti pensare a Blake Edwards, Woody Allen e ad alcune loro memorabili gag), come se l’unica arma per fronteggiare il compromesso artistico fosse quella dell’ironia. E infatti è in forma di commedia grottesca che il regista svedese Ruben Östlund racconta la sua personale concezione dello stato dell’arte ai giorni nostri e sulla connotazione sociale che sembra necessariamente dover possedere per non essere tacciata di elitarismo: in quest’ottica, The Square, premiato con la Palma d’Oro a Cannes 2017, è una farsa davvero centrata.

locandinaIl film ruota attorno alle tragicomiche vicende che coinvolgono Christian (Bang), l’affermato curatore di un museo d’arte contemporanea di Stoccolma. Attorno a lui c’è grande fermento per la presentazione di un’installazione permamente chiamata “The Square”, un perimetro esterno con una targa centrale che inneggia all’altruismo e alla condivisione. Tutto, però, sembra precipitare quando, una mattina, Christian resta coinvolto in una truffa per strada in cui perde cellulare e portafoglio. Pur di passare oltre a questa terribile offesa al suo orgoglio di uomo di potere, Christian localizza il telefono con il GPS e minaccia con una lettera tutti gli inquilini del palazzo in cui si nasconde il ladro: questo gesto innescherà una inarrestabile reazione a catena di eventi verso il basso che, inevitabilmente, troveranno un senso comune e contrario nel progetto artistico pronto al debutto.

Sviluppato come una riflessione feroce sul tema della fiducia all’interno della società dei consumi e sull’incapacità dell’essere umano di offrire aiuto in uno spazio pubblico, il film di Östlund si consuma, in realtà, più come una satira implacabile sulle ipocrisie e il cinismo che sottendono al mondo dell’arte contemporanea. La graffiante ironia che il regista aveva già dimostrato di possedere nella sua precedente opera, Forza maggiore (2014), è in polemica non solo con la tendenza a presentare in spazi museali lavori discutibili, che trovano la loro legittimazione più ingenua solo nell’essere presentati all’interno di uno spazio ufficiale, ma anche con certe morbose modalità di vendita di operazioni che, al loro interno, nascondono solo un misterioso vuoto. La narrazione, forse fin troppo indulgente verso le disavventure del protagonista, mantiene comunque una notevole lucidità di sguardo, offre momenti comici davvero gustosi e sa come mettere a disagio lo spettatore. L’arte sarà pure una semplice congettura, ai più deboli toccherà sempre e solo indifferenza, ma non bisogna mai dimenticare che la civiltà termina quando ha inizio il buffet.

Giuseppe D’Errico

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