“The Post”, un film di Steven Spielberg, la recensione

The Post (id, Usa, 2018) di Steven Spielberg con Meryl Streep, Tom Hanks, Sarah Paulson, Matthew Rhys, Bob Odenkirk, Tracy Letts, Bradley Whitford, Bruce Greenwood, Alison Brie, Carrie Coon, Jesse Plemmons, David Cross, Michael Stuhlbarg

Sceneggiatura di Liz Hannah, Josh Singer

Biografico, 1h 58′, 01 Distribution, in uscita il 1 febbraio 2018

Voto: 8½ su 10

Steven Spielberg è uno dei pochissimi cineasti statunitensi che ancora continua a difendere sul grande schermo le spoglie del classicismo autoriale. The Post, il suo trentesimo lungometraggio, non solo si inserisce di diritto in quella stagione fondamentale per il cinema americano che portò l’inchiesta giornalistica nelle sale, con titoli in grado di affrontare il genere sempre con ottica differente (si pensi solamente all’originalità di approccio di volta in volta più audace di pietre miliari come Quarto potere di Welles, Barriera invisibile di Kazan o L’asso nella manica di Wilder, senza contare gli innesti con la commedia – La signora del venerdì di Hawks – e con il thriller – L’ultima minaccia di Brooks -), ma si spinge oltre, fino ad agganciarsi, non solo idealmente, ad un’opera cardine del cospirazionismo politico degli anni Settanta, quel Tutti gli uomini del presidente di Alan J. Pakula, 4 Oscar nel 1976, che iniziava esattamente dove Spielberg termina il suo racconto, sulle immagini notturne dell’effrazione al Watergate. Il resto è grande cinema, oltre che cronaca fedele di una dimissione presidenziale.

locandinaLe notizie sono il primo abozzo della Storia, e The Post ci porta alla loro creazione e alle radici dello scandalo, alle cause di un trapelamento di dettagli senza precedenti e alle conseguenze che la pubblicazione di materiali riservatissimi ebbe sulle vite di molti addetti ai lavori e, in generale, sul diritto all’informazione libera. Protagonisti della vicenda furono Katharine Graham, alla guida del Washington Post dopo il suicidio del marito, e Ben Bradlee, direttore combattivo e testardo del giornale, interpretati rispettivamente da Meryl Streep e Tom Hanks.

Prima donna a prendere le redini del quaotidiano, in un momento storico in cui i ruoli di potere erano assegnati quasi esclusivamente agli uomini, Kay si ritrova, nel 1971, divisa tra l’amicizia per il Ministro della Difesa Robert McNamara (Bruce Greenwood) e la possibilità di pubblicare i Pentagon Papers, una serie di documenti che porterebbero alla luce la copertura di segreti governativi circa la Guerra in Vietnam, ancora in corso sotto la presidenza Nixon, e che proprio McNamara si era preoccupato di insabbiare. Ma le pressioni per la donna vengono anche dal suo entourage editoriale e dai soci di maggioranza della testata, preoccupati delle ripercussioni che una possibile ingiunzione legale avrebbe potuto avere sui titoli di una testata appena quotata in borsa; d’altra parte, l’unico modo per affermare il diritto a pubblicare è pubblicare, e Ben Bradlee non intende tradire un principio sacro e inderogabile della professione giornalistica, specie dopo la costrizione al silenzio imposta ai colleghi del New York Times, i primi a far circolare alcuni stralci della documentazione.

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In un’epoca di informazione liquida, mediazione da social e fake news, The Post celebra l’importanza degli organi di stampa e la loro autorità nel formare un’opinione pubblica e una coscienza civile, obiettivi che, si spera, dovrebbero tuttora muovere la macchina giornalistica. Spielberg, dall’alto di una carriera che ha attraversato mode e generi come pochi altri, filma con una partecipazione e una fluidità ammalianti i momenti di una decisione che avrebbe cambiato per sempre le sorti di una nazione, passa dalla concitazione delle telefonate incrociate e ai giochi taglienti di sguardi alla magnificenza più travolgente nelle sequenze delle rotative notturne in stampa, senza mai perdere di vista un discorso storico sull’America e le sue falle che prosegue almeno fin dai tempi di Amistad (1997).

Quasi interamente giocato sul montaggio alternato tra il fermento della redazione, impreparata a gestire in poco tempo i fascicoli delle vergogne presidenziali, e la capacità di mediazione tra finanziatori e consulenti della Graham, donna non più giovane, esitante tra i leoni dell’editoria, ma anche profondamente dignitosa e strenue nel portare avanti nella massima onestà l’operato che ha ereditato: più di Bradlee, è lei la vera protagonista di The Post, autentica eroina pronta a rivendicare la forza del genere femminile. A Tom Hanks e all’immensa Meryl Streep viene affidata l’occasione per una recitazione umanissima e vibrante, e alla fine ci si ritorva con gli occhi umidi per la vittoria degli ideali: la stampa è al servizio dei governati e non dei governanti.

Giuseppe D’Errico

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