“The Party”, un film di Sally Potter, la recensione

The Party (id, GB, 2017) di Sally Potter con Kristin Scott Thomas, Timothy Spall, Patricia Clarkson, Cillian Murphy, Emily Mortimer, Cherry Jones, Bruno Ganz

Sceneggiatura di Sally Potter

Commedia, 1h 11′, Academy Two, in uscita l’8 febbraio 2018

Voto: 6½ su 10

Un piccolo film sottilmente perfido, sorretto da dialoghi sopraffini e interpretazioni magistrali: è The Party, l’ultimo lavoro della regista britannica Sally Potter, che porta in scena la caduta degli dei di sinistra della classe dirigente d’oltremanica, in un congegno narrativo di soli 70 minuti e tutto all’interno di un elegante appartamento con cortile esterno.

locandinaLa fotografia in bianco e nero (dis)vela perfettamente le nevrosi di quattro coppie che si ritrovano per festeggiare l’elezione a ministro della salute di Janet (Scott Thomas), sposata con Bill (Spall), che per seguire la campagna politica della moglie ha rinunciato a una cattedra a Yale; mentre la donna è indaffarata con i preparativi della cena e a rispondere alle telefonate di auguri, l’uomo è preda di una catalessi riflessiva in poltrona. Nel loro salotto arrivano la migliore amica di Janet, April (Clarkson), raffinatissima e cinica, infelicemente sposata con Gottfried (Ganz), un tedesco pervaso da manie motivazionali e new age, e la coppia lesbica formata da Martha (Jones), dura e pura, da sempre nella vita dei padroni di casa, e Jinny (Mortimer), incinta di tre gemelli grazie alla fecondazione eterologa. C’è poi Tom (Murphy), un investitore del mattone cocainomane, sposato con Marianne, braccio destro di Janet e attesa per il dolce finale.

In quello che potrebbe quasi definirsi un atto unico teatrale, si consumano gli ideali di una generazione che ha sempre puntato al successo e che ora si ritrova con un pugno di mosche in mano. Gli intellettuali privilegiati, realizzati nella vita pubblica, nascondono un privato di tradimenti e miserie, e quando se ne rendono conto non riescono a mantenere il controllo della situazione. Il limite di The Party è proprio nel non riuscire a fornire un ritratto specifico dell’umanità massacrata che vorrebbe raccontare, accumula numerosi spunti di lettura ma rimane alla superficie di essi, assecondando un disegno di scrittura un po’ troppo schematico e alla facile ricerca del colpo di scena. Si rischia la banalità, ma si gode di una forma registica raffinata, di battute fulminanti e di una recitazione semplicemente sublime.

Giuseppe D’Errico

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